(A firma di Pasquale Marinelli) –

Il sistema pensionistico italiano non da’ garanzie per il lungo periodo ed è estremamente iniquo. Meglio cambiare!
Secondo la ragioneria di stato, nel 2009, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti pubblici (statali e non statali) erano 3.513.481 (in flessione del 2,1% rispetto a due anni prima) mentre, nel medesimo anno, il totale degli italiani occupati era di 22.945.000 circa. Quindi i dipendenti pubblici costituivano il 15,31% del totale dei lavoratori italiani.

Secondo l’ente pensionistico italiano, nel 2009, i quasi 23 milioni di lavoratori italiani hanno versato circa 243.182 milioni di euro per contributi pensionistici, di cui circa 57.492 milioni euro sono i contributi previdenziali che avrebbero versato i dipendenti pubblici. Da ciò si conclude che, nel 2009, i dipendenti pubblici, i quali costituivano il 15,31% dei lavoratori totali, avrebbero contribuito al sistema pensionisti-co italiano per il 23,64%.
Ma sarà effettivamente così?
Nulla di sconcertante emergerebbe da tale analisi se non si approfondisse una certa questione, che da mesi attanaglia la mia mente e riguardante il fatto che questo sistema pensionistico italiano sia, oppure no, il migliore possibile. In merito, io ho una ipotesi e premetto che essa è da ritenere come tale (nulla di più), in quanto sarebbe necessario uno studio più approfondito e verificatore prima di poterla considerare una tesi o una teoria.
Provo ad arrivarci assieme a voi, aiutandomi con una piccola esemplificazione (un cosiddetto modello economico) al fine di evidenziare ciò che un caso concreto purtroppo nasconderebbe fra le pieghe della sua complessità.
Immaginiamo uno paese composto da sole tre persone (in aggiunta a quella ideale dello stato):
un lavoratore dipendente pubblico;
un lavoratore privato;
un pensionato.
Si consideri che lo stato di questo modello disponga di una cassa di soli 6 euro.
Immaginiamo che alla fine del mese, il dipendente pubblico debba percepire dallo stato (il suo datore di lavoro) uno stipendio lordo di 10 euro (come da contratto), ma del quale egli deve girarne 4 euro a titolo di contributo previdenziale. Quindi il suo netto in busta paga sarà di 10 – 4 = 6 euro.
In questo modo, lo stato riesce a pagare il suo dipendente in quanto la sua disponibilità di cassa è proprio di 6 euro. Si passi ora a considerare che, alla fine dello stesso mese, il pensionato di questo modello debba ritirare la sua pensione, dell’ammontare di 4 euro.
Ma lo stato, avendo già pagato il suo dipendente, non ha più un euro in cassa.
Chi darà la pensione al povero pensionato?
A questo punto, non ci resta che considerare l’ultimo attore di questo semplice scenario economico: il lavoratore privato (non fa differenza se esso sia dipendente o autonomo), il quale, percependo anch’egli un reddito a fine mese di 10 euro lordi, dovrà versare allo stato, così come accade per l’altro cittadino, il solito contributo previdenziale di 4 euro.
Ed ecco fatto! Lo stato, questa volta, incassa concretamente i 4 euro necessari che mancavano per poter così finalmente pagare il pensionato.
Come potete facilmente notare da questo breve esempio e seguendo la direzione delle frecce disegnate nell’illustrazione romboidale proposta qui sopra, relativamente alla contribuzione previdenziale, fra i tre, l’unico attore da cui lo stato preleva il denaro necessario per erogare la pensione (4 euro) è il lavoratore privato.
Al contrario, in virtù dell’esclusivo rapporto di lavoro che intercorre con lo stato (il quale è contemporaneamente datore di lavoro ed esattore), il dipendente pubblico percepisce lo stipendio netto (6 euro) mentre, il contributo previdenziale che deve allo stato (4 euro), non lo versa concretamente, in quanto questo viene trattato come una semplice inversione contabile, posta in essere solo sulla carta.
Tant’è vero che, scalati i 4 euro dalla paga lorda del lavoratore dipendente pubblico, la cassa dello stato resta comunque vuota e, al termine del ciclo, lo stato non incassa 8 euro totali, così come dovrebbe (4 dal lavoratore privato + 4 dal dipendente pubblico) ma solo 4 euro, ossia quelli che effettivamente e materialmente soltanto il lavoratore privato ha veramente versato.
Da ciò deriva la mia ipotesi di cui prima vi accennavo e riguardante il fatto che, a contribuire effettivamente a questo sistema pensionistico, siano soltanto i lavoratori privati e mai quelli dell’amministrazione pubblica.
Prometto che approfondirò tale questione, consapevole della difficoltà oggettiva di reperire, semplicemente attraverso internet, documentazione idonea.
Nel frattempo, ritengo opportuno concludere dicendo che, quello che anch’io credevo fosse un valido sistema di previdenza sociale, in realtà oggi sta collezionando una lunga serie di perplessità, le quali inducono a pensare che, il nostro stato, probabilmente, non è in grado di gestire nemmeno il futuro di chi tanto ha dato per contribuire a far avanzare la vita della propria comunità.
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