“Per quanto riguarda il piano di evacuazione in caso di allarme rosso, i due piani di emergenza esistenti (per Vesuvio e Campi Flegrei) si basano solo sull’uso del trasporto terrestre e non considerano l’uso di imbracazioni” che consentirebbero “un rapido spostamento di un gran numero di persone senza problemi di traffico. Questa scelta, probabilmente dettata dalla preoccupazione per possibili tsunami che accompagnano le eruzioni (estremamente rara in tali aree) non puo’ essere ugualmente applicata a un piano di emergenza per l’isola di Ischia, che e’ l’unica area vulcanica rimasta dove non c’e’ ancora alcun piano”. Lo scrivono Giuseppe De Natale, Claudia Troise e Renato Somma in un articolo, intitolato “I vulcani di Napoli: quanto efficacemente e’ possibile mitigare il piu’ alto rischio vulcanico al mondo?”, pubblicato ieri sulla rivista Natural Hazard and Earth System Sciences della EGU. L’area analizzata, ricordano gli autori, “presenta il piu’ alto rischio vulcanico al mondo a causa della coesistenza di tre vulcani altamente esplosivi (Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia) con un’urbanizzazione estremamente densa con oltre 3 milioni di persone che vivono a meno di 20 chilometri dal luogo di una possibile eruzione”. Nel lavoro sintetizzato dalla Dire, i tre studiosi, dopo aver sottolineato che l’evacuazione di 1,3 milioni di cittadini in 72 ore in caso di eruzioni “possa essere organizzata con successo”, spiegano come “per quanto riguarda il piano di evacuazione, che inizia dopo la dichiarazione dell’allarme rosso, le persone evacuate devono essere distribuite in tutte le regioni italiane in base alla corrispondenza tra ciascun Comune e una determinata regione: non vi sono tuttavia altri dettagli nel piano, ad esempio sulle strutture messe a disposizione”.
Dalla lettura del lavoro, da cui si comprende quali costi in termini economici, sociali e sanitari potrebbero avere sulla Campania e su tutto il Paese sia un allarme che si concretizza che un falso allarme, si evincono tre punti fondamentali su cui chi lo ha redatto punta l’attenzione. “Dovrebbe essere chiaro – scrivono – che il problema del rischio vulcanico nell’area napoletana non puo’ essere affrontato com’e’ stato fatto fino ad adesso. In vista di un approccio razionale, le condizioni piu’ elementari sono le seguenti: il numero di residenti nelle zone rosse deve essere ridotto; le aree urbane nelle zone rosse devono essere rese meno densamente popolate e caotiche, con grandi strade, vie di fuga ed edifici antisismici; l’evacuazione della popolazione deve essere completamente organizzata ben prima dell’allarme e a tutte le persone dovrebbe essere data una nuova casa, una nuova prospettiva di lavoro e tutti i servizi per vivere altrove per molti anni o decenni, probabilmente per sempre”. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, del quale fanno parte come dirigente di ricerca, primo ricercatore e ricercatore i tre autori, si dichiara “estraneo alle affermazioni contenute nell’articolo dissociandosi da quanto in esso riportato” e chiarendo che il contenuto “non e’ stato condiviso internamente all’Istituto, ma e’ il frutto esclusivo dell’opera intellettuale degli autori dell’articolo che operano nell’ambito della liberta’ di pensiero ed espressione sancita dalla Carta Europea dei diritti dei ricercatori”.