(A firma di Carla Liberatore) –

Per le persone che hanno fatto richiesta di alloggio presso il piano C.A.S.E. ma che nel frattempo hanno trovato un lavoro fuori città e che quindi durante la settimana o addirittura tutto il mese, devono star lontano da L’Aquila per ragioni professionali, come s’intende procedere nel caso di verifiche sull’effettiva occupazione degli appartamenti messi a disposizione?

Non credo sia messo in discussione il diritto a reacrsi al lavoro anche per periodi medio lunghi. Non si tratta di garantire l’occupazione “intensiva” dell’alloggio, ma della necessità di una effettiva presa di possesso dell’appartamento da parte della famiglia come di una nuova, provvisoria abitazione principale sostitutiva di quella rotta e del suo reale utilizzo. Oltre ad esser disonesto, non avrebbe proprio senso farsi fare una casa dallo stato se non se ne ha davvero bisogno. Se uno se la fa dare e poi non ci sta mai (e nemmeno il resto della famiglia), qualche problema si pone davvero

E’ vero che alla terza verifica se gli occupanti di un alloggio non vengono trovati in casa, rischiano che gli venga revocato il beneficio?

Le modalità procedurali vengono stabilite dal Vice commissario, ma credo che saranno garantiti in ogni caso i diritti di ciascuno a provare la propria presenza. Se le prove sono inoppugnabili e reiterate, mi sembra che la revoca del beneficio sia una misura sacrosanta, per rispetto verso chi ancora soffre fuori

Che tipo di interventi si stanno operando per rilanciare il lavoro e l’economia della zona a brevissimo termine, visto che ci sarà molta gente che rientrando a L’Aquila, pur avendo una casa, non avrà ancora un lavoro?


Questo è sempre stato un aspetto assai complicato in tutti i grandi terremoti italiani. All’Aquila si pone come particolarmente grave per la concentrazione dei problemi in un’unica realtà comunitaria complessa. Le ordinanze stanno già facendo il loro lavoro, anche se debbono in alcuni casi prendere il giusto ritmo. Le misure che in queste settimane vengono poste in essere dal Governo e dalla Regione, a medio termine dovrebbero portare i frutti sperati. Quando vengo all’Aquila, mi sembra tuttavia che la città sia in movimento, che l’iniziativa di molti cittadini si stia manifestando. Spero sia un movimento positivo e fruttuoso

Come s’intendono gestire nei prossimi mesi i contributi di autonoma sistemazione che pare arrivino sempre in ritardo, qualcuno parla anche di diversi mesi?


Rispetto ai primi momenti, in cui c’erano da caricare decine di migliaia di IBAN e di codici fiscali, la situazione sta certamente migliorando. So che il comune sta cercando di potenziare ulteriormente gli organici per aumentare la celerità della procedura. Come è successo con gli alberghi e con le CASE, la diminuzione progressiva del bacino di utenza apportato via via dai rientri, contribuirà a migliorare la situazione organizzativa generale

Per i prossimi mesi intendete iniziare a fare una classificazione in base ad esempio ai redditi, in merito agli aiuti destinati alla popolazione colpita dal terremoto riguardo agli alloggi, alle sistemazioni in albergo e residence?


Molte sono le necessità che emergono dal contatto quotidiano con lo sfollato. Particolarmente nella mia esperienza di un anno a Giulianova ho potuto osservare un’ampia casistica di problematiche socio-economiche derivate direttamente o indirettamente dal sisma. Una priorità assoluta sono, secondo me, le famiglie che hanno perso il reddito in modo pressoché definitivo, e quelle per le quali è intervenuta la perdita della locazione dopo il sisma e oggi sono nella difficile condizione di cercarsi casa: la carenza di alloggi, gli affitti alle stelle e il reddito diminuito, rendono ineludibile la previsione di strumenti urgenti di intervento sociale che proseguano quelli di protezione attuali, caratterizzati dall’ospitalità negli alberghi e nei residence


Riguardo alla condizione psicologica delle persone che da circa un anno a causa del fatto che hanno perso casa e lavoro sono state costrette ad essere sballottate in diverse destinazioni pur di avere un tetto sopra la testa, ritenete di voler iniziare a dar loro una parvenza almeno di stabilità per quanto riguarda le strutture in cui vivere?


Questo sta già avvenendo, con il riavvicinamento all’Aquila e al centro di interesse principale delle famiglie. Le scuole ripartite a settembre sono state il primo esempio di questa volontà di riorganizzazione e di orientamento dei cittadini. Non dobbiamo pensare che quanto fatto fosse così “scontato”. Non era un’operazione così semplice. Il progetto CASE/MAP è ormai portato a compimento, e molte persone hanno una nuova “dimora stabile”. Adesso il sistema commissariale e vice commissariale si sta giustamente concentrando sui single, che sono rimasti l’ultima ferita da medicare. Per questi sono in atto diverse iniziative finalizzate al rientro rapido. Nelle prossime setttimane, un sano lavoro di “ottimizzazione” delle risorse già disponibili, dalle CASE agli appartamento del Fondo Immobiliare, unite al recupero ormai alle porte di moltissime case B, chiuderà la partita entro la primavera. La città potrà davvero concentrarsi sulla riprogrammazione del suo futuro.

Cosa si è fatto fino ad oggi per coloro, sembra siano pochissimi, che ancora vivono nelle roulotte o in altri alloggi di fortuna? Quali azioni immediate pensate di fare?


I cittadini precari sono rimasti pochi, e spesso riescono grazie al cielo ad avere un doppio riferimento. Anche loro rientreranno nel circolo delle iniziative. È necessario riavviare un credibile e sostenibile mercato degli affitti. Bisogna abbassare i prezzi. Un mio vecchio pallino è la defiscalizzazione parziale dei canoni di locazione ai sensi della legge 431 che disciplina le città ad altissima tensione alloggiativa.

Quanto, secondo lei, a questo governo interessa davvero del benessere degli sfollati di L’Aquila?


È difficile in Italia pensare a una popolazione trascurata dopo un terremoto. Dimenticarsi degli sfollati non è nel DNA degli italiani e quindi neanche in quello dei governanti (almeno i migliori) che li rappresentano. Io ho molto approfondito il settore anche dal punto di vista storico e comparativo, facendo raffronti con altri grandi terremoti alla cui gestione ho partecipato. La vicenda aquilana ha conosciuto uno sforzo organizzativo obiettivamente mai visto prima: il che non significa essere esenti da errori, tutt’altro, ma non si può non riconoscere che si tratta senz’altro della più poderosa performance mai vista, commisurata a un problema di una complessità raramente vista prima. Se si pensa che la guarnigione romana, dopo un anno, non ha ancora abbandonato del tutto la trincea, che il Presidente del Consiglio continua ad emanare ordinanze, che il presidente della Regione e il Sindaco dell’Aquila operano entrambi come Commissari di Governo (quindi rappresentanti dello Stato) mi sembra di poter dire che le istituzioni sono presenti. Che si poteva far meglio è probabile, ma è sicurissimo che si poteva fare molto peggio.

Qualcuno ha l’impressione che L’Aquila sia ormai una città squartata, fatta a pezzi. Perché si è voluta alimentare questa divisione anche nella logistica della temporanea ricostruzione?


Ai posteri l’ardua sentenza. Il consumo di territorio, il dimensionamento in corsa del reale fabbisogno, la ricerca di soluzioni moderne e più efficienti per il ricovero, l’attenzione alla storia e alla cultura di una città parecchio frazionata, hanno determinato alcune scelte diverse che nel passato non erano state percorse. Qui, assieme, al progetto CASE/MAP, si è tentato di utilizzare per il ricovero temporaneo anche il patrimonio edilizio rimasto intatto. Ciò indubbiamente, oltre a non impegnare ulteriori quote di territorio, ha rimesso in moto l’economia legata agli affitti, pagando lo Stato i canoni di locazione. È indubbio, del resto, che i soldi degli alberghi, come quelli del CAS, sono soldi rimasti in Abruzzo. In Friuli e Irpinia, invece, a “X” nuclei disastrati corrisposero “x” casette prefabbricate, dopo un periodo più o meno lungo di attesa nelle tende e nelle roulotte. In Umbria si schiaffarono migliaia di persone nei container in attesa delle riparazioni. Per quanto riguarda gli altri terremoti, va detto comunque che ad esser colpiti erano dei paesi, non una città capoluogo di regione fra le più importanti d’Italia come oggi. Da questo punto di vista, Friuli, Irpinia e Umbria possono trovare un paragone efficace con noi solo per quanto riguarda i piccoli comuni del cratere, non certo per la città dell’Aquila. E infatti nei comuni del cratere tutto è sembrato più semplice, rispetto a quanto si è dovuto inventare per la città: a cominciare dal ricovero urgente: negli alberghi della costa io ho avuto praticamente solo aquilani. Nei vari comuni colpiti, i sindaci sono riusciti con una certa maggior plasticità a trovare immediatamente soluzioni tampone all’interno del proprio territorio, in attesa dei MAP. Ora, il progetto CASE è indubbiamente un miracolo edilizio, che nelle prossime settimane apparirà ancor più bello con le sistemazioni esterne: porta con sé però alcune problematiche, quali l’assenza di servizi collettivi vicini, nonché l’esigenza di avvicinare i residenti al cuore della città attraverso una rete nuova di trasporti locali.


A suo avviso, cosa dovremo aspettarci dalla nuova gestione degli enti locali?


Risposta difficile, perché si entra in un campo che non mi appartiene. Certamente, a distanza di un anno, la fase acuta può definirsi superata, e si entra in un ambito nuovo, legato a anche a precise scelte di programmazione, su cui devono essere aquilani ed abruzzesi a esprimersi. Certamente vi è un’occasione storica nel fatto che esponenti delle amministrazioni territoriali siano stati coinvolti a tutto tondo quali organi di Governo (essendo il commissario e il vice commissario due “strumenti” governativi, non locali). Questo doppio cappello potrebbe portare beneficio se si saprà lavorare in armonia e con l’ottimismo della ragione necessario in questi casi. Certo, molto starà anche agli aquilani e alla loro voglia di risalire la corrente.