(A firma di Luisa Stifani) –

L’amore per L’Aquila ci obbliga a riprendere il problema lavoro, sospeso durante il sisma del 6 aprile. Dopo la fase dell’emergenza, adesso c’è bisogno di tornare alla vita, di riprendere le attività che consentono di ripristinare la normalità.
L’Aquila è l’area della Regione con maggiore difficoltà dal punto di vista economico e già in profonda crisi occupazionale prima del terremoto.
L’ultimo report di Confindustria rileva che a seguito del sisma circa 70 imprese associate hanno subito danni alle proprie strutture produttive. Alcune di esse, a distanza di circa 4 mesi, hanno dei danni strutturali che non consentono ancora la ripresa dell’attività produttiva e ciò ha comportato il provvisorio trasferimento dell’attività presso altri siti (Thales Alenia Space, Selex) o il fermo totale delle attività (Transcom). Il ricorso alla cassa integrazione guadagni dal 6 aprile ha interessato oltre 6000 dipendenti dell’intero territorio, di cui oltre 2000 addetti alle aziende industriali, per 13 settimane.
A queste Aziende recentemente si è aggiunta Technolabs (Laboratori di Ricerca e Sviluppo della ex Siemens) che dal 24 agosto manderà in CIG a zero ore circa 100 lavoratori (su un totale di 160). Il problema occupazionale è ancora più complesso per quelle imprese la cui attività è in relazione diretta con il territorio (commercio, artigianato ecc…) o che hanno le strutture irrimediabilmente devastate (zona rossa).
Per contro è, ovviamente, in ripresa l’occupazione nei comparti industriali collegati all’edilizia. In ogni caso, per riprendere immediatamente le attività molte aziende, si sono dovute far carico di sistemare a proprie spese gli immobili e di anticipare i trattamenti di cassa integrazione ai propri dipendenti.
Dati che non possono non preoccupare anche se vengono spesso sbrigativamente attribuiti in modo prevalente agli effetti della crisi mondiale. In una terra devastata una ricostruzione che non parte dal reddito, è una ricostruzione di facciata che non garantisce il futuro. Lo sconforto prende in pieno, il benessere economico è ostacolato, la popolazione ha meno risorse finanziarie, economiche, strutturali ed umane per poter ricominciare. Continuando così si avrà una forte emorragia di persone che dall’Aquila andranno via. Aumenteranno sempre di più i “pendolari di lungo raggio” cioè persone che conserveranno la residenza sul territorio, ma che poi lavoreranno altrove e rientreranno a casa magari una o due volte al mese.
Proseguendo di questo passo L’Aquila è destinata a scomparire dalle carte geografiche per un naturale spopolamento e a nulla servirà la ricostruzione delle “seconde” e “terze case” oggetto di discussione e rivendicazione della politica locale.
L’emergenza lavoro nel cratere continuerà a mietere vittime a dismisura, le “fasce tricolori” dei primi cittadini dovrebbero solo in questo caso essere consegnate in senso di protesta al Capo dello Stato per un’intervento autorevole e importante a difesa del lavoro. Le altre questioni (tasse, maggiori fondi, più potere, allargamento cratere, …), certamente di riguardo, ma che non possono paragonarsi per urgenza, gravità e drammaticità a quelle di una disoccupazione dilagante, sembrano aver trovato spazio; quasi a distogliere l’opinione pubblica, da problemi più impellenti e vitali.
Nella nostra città davvero viene da pensare che qualche “fannullone” si sia dimenticato di esercitare il proprio compito di amministrare ed indirizzare gli investimenti per sostenere lo sviluppo del territorio. Se non si interviene subito il cielo negativo volge rapidamente al termine. I fatturati delle imprese crollano e le aziende più piccole non hanno più le energie finanziarie per resistere al calo della domanda. Dopo le ferie estive, molte delle nostre piccole e medie imprese non riapriranno più. Non possiamo, come da anni si fa, aspettare passivamente la ripresa perché nel frattempo il sistema industriale si indebolirà in modo irreversibile. Ora più che mai i nostri politici sono chiamati a preparare questa ripresa con una piano industriale che incentivi la ricerca, lo sviluppo e soprattutto creino condizioni attrattive (incentivi fiscali, previdenziali, …) per calamitare nuovi investimenti, favorire l’occupazione e far ripartire lo sviluppo. Tante sono le strade che dovranno essere percorse ma, queste strade dovranno essere prima costruite. Non servono a nulla le proteste, le sfilate da “primadonna”, il presenzialismo catodico, la nostra città più che mai ha bisogno di operosità. I cittadini hanno dimostrato grande capacità di “sopravvivenza”, ma ora si fa appello alle Istituzioni e alle Associazioni di Categoria, affinchè si occupino immediatamente e in modo concreto del mondo produttivo per rimettere in piedi l’economia, dare risposte a tutti i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, tornare alla vita, tornare a credere nel futuro.