(A firma di Achille D’Ortenzio) –
Le originarie forme di assicurazione sulla
vita risalgono al Quattrocento ed erano
delle semplici scommesse che trovarono
diffusione contemporaneamente alle
prime dissertazioni in tema di calcolo
delle probabilità.
I primordi
dell’assicurazione vita possono essere
ricercati in tempi antecedenti il periodo
rinascimentale. La nascita della moderna
scienza probabilistica dei francesi Pascal
e De Fermat, e la raccolta sistematica dei
dati in campo demografico con l’aiuto dei
registri parrocchiali si costruirono le
prime tavole di mortalità. Si posero così
le basi statistiche per l’elaborazione di un
moderna polizza vita, agli inizi del
Settecento nacquero le prime Compagnie vita.
L’assicurazione vita scaturisce dal
bisogno di tutelare i valori economici
connessi con l’attività dell’uomo; essa si
fonda quindi sulla sua capacità di
guadagno e sulla dipendenza di altre vite
od entità economiche. Nelle società
patriarcali l’individuo, in caso di morte, è
automaticamente rimpiazzato sul piano
del lavoro. Nella società moderna, la
famiglia di un “produttore di reddito”
dipende dai guadagni di quest’ultimo,
indispensabili per il mantenimento della
collocazione sociale e della sicurezza
familiare.
La potenzialità e l’importanza complessiva di una persona è di gran
lunga più importante di quella collegata al
puro reddito. È evidente che il complesso
di questo patrimonio non è totalmente
assicurabile. Assicurabili rimangono solo
quei fattori convertibili in reddito e che
andrebbero perduti in caso di morte o di
invalidità.
Capitalizzando il valore della
propria vita, l’individuo è in grado di
lasciare la famiglia, in caso di sua
scomparsa, in condizioni economiche
raffrontabili a quelle in cui essa godeva
quand’era in vita o in buona salute.
L’assicurazione, nei termini di cui sopra,
dà risposta solo ai bisogni che si
identificano con la proiezione del proprio
valore economico oltre la morte. La
consapevolezza del valore economico
della propria vita spinge l’individuo anche
al differimento di questo valore al
momento in cui la sua capacità lavorativa
sarà ridotta.
La polizza vita sotto forma di
rendita diventa così una sorta di “autoconservazione” delle proprie capacità.
L’esigenza di tutelare il valore economico
della propria vita non poteva sorgere in
una società di tipo feudale, rigidamente
strutturata in classi chiuse.
La coscienza
del valore economico individuale trovò
spazio nella nascente borghesia medioevale e rinascimentale formata da
commercianti e mercanti e si affermò
parallelamente alla Rivoluzione Industriale in cui si formò una classe
completamente nuova di dirigenti, impiegati, tecnici, insegnanti e si
rafforzarono professioni, quali quelle dei
notati, medici, avvocati ed ingegneri,
aventi fino allora piccolissima consistenza.
Si sviluppa dunque una nuova forma di
ricchezza collegata alle conoscenze, alla
professionalità ed alla preparazione del
singolo, il quale si rende conto che può
contare su un buon reddito solo in quanto
attivo e non è più difeso
dalla famiglia in quanto il passaggio della professione non è automatico (come nel
caso
dell’artigiano e
del commerciante)
ma richiede anni di studi
e preparazione.
D’altra parte la stessa nuova borghesia
industriale si rende conto che il proprio
capitale è a rischio essendo esposto ai
pericoli, ai mutamenti della domanda, a
speculazioni sbagliate ed a innovazioni
tecnologiche.
Nuove forme di ricchezza, collegati però
a capitali a rischio, volontà di salvaguardare il capitale, rappresentarono in tutti i Paesi
occidentali, altrettanti moltiplicatori del
bisogno assicurativo.
Storicamente la prima Compagnia vita fu
la Amicable Society che nacque, in
Inghilterra, nel 1706, seguita nel 1719
dalla Royal Exchange e dalla London
Assurance.
In Italia tra le prime che iniziò ad operare
nel ramo vita furono nel 1832 le
Assicurazioni Generali (Alleanza fu fondata a Genova nel 1898).
Il rapido progresso economico non
corrispose un altrettanto rapido
miglioramento economico delle condizioni di vita di larga parte della
popolazione. Intorno al 1850 si ebbe la
massima diffusione di Società di mutuo
soccorso, promosse da filantropi o da
gruppi di cittadini appartenenti a classi
operaie ed artigiane. I fini di queste
istituzioni andavano dalle assicurazioni
contro la disoccupazione a quelle contro
le malattie e per le spese funerarie.
Gli Stati rimasero estranei per lungo tempo a
questi problemi sociali.
I primi programmi assicurativi obbligatori
cominciarono ad essere operanti in
Germania tra il 1883 e il 1889. Il sistema
era di tipo “previdenziale”, trovava cioè il
suo finanziamento attraverso contributi
obbligatori a carico dei datori di lavoro e
dei lavoratori. Tale impostazione trovò
poi progressivamente diffusione negli
altri Stati europei.
In Italia i primi interventi
risalgono al 1898 e riguardavano l’assicurazione obbligatoria, a carico del
datore di lavoro, contro la morte e
l’invalidità causate da infortunio sul
lavoro. L’introduzione della
previdenza
pensionistica risale al
1919.
L ‘INPS venne
fondato nel 1933
e fino al
1943 si fondaronosu
un principio
mutualistico-assicurativo. I mutamenti
più marcati vennero però apportati con
l’ingresso nella assicurazione generale
obbligatoria di consistenti categorie di
lavoratori autonomi (iniziato nel 1957 con
gli agricoltori e proseguito negli anni
seguenti da altre categorie).
Questi
interventi hanno trasformato il sistema
pensionistico in un aggregato a
prevalente colorazione assistenziale più
che contributiva, senza però che la
funzione assistenziale trovi diretta
copertura attraverso le imposte.
Un altro
passo fondamentale venne compiuto nel
1968 quando si decise di fissare la
misura della pensione per i lavoratori
dipendenti non più con riferimento all’ammontare dei contributi versati
(pensione di tipo contributivo), ma
tenendo conto delle ultime retribuzioni e
dell’anzianità contributiva maturata
(pensione di tipo retributivo).
Per cercare di risanare il deficit INPS
accumulato si è ripristinata la pensione di
tipo contributivo, innalzato l’età
pensionabile e ridotto di coefficienti con
impatti negativi sul futuro e sulla qualità di
vita delle prossime generazioni. (Riforma
Amato del 1992, +….)
Oggi è importante avere una
assicurazione vita poiché la previdenza
pubblica è in situazione quanto mai
critica. Il futuro degli apparati previdenziali di Stato non appare scevro
di difficoltà con un continuo ridimensionamento dei livelli delle prestazioni favorendo l’evoluzione dei
sistemi previdenziali verso una struttura
a tre livelli, chiamati dagli esperti finanziari: la legge “dei tre pilastri”.
Il primo, cioè quello di base, è rappresentato da un minimo a cui dovrebbe provvedere lo Stato attraverso
l’erogazione di una pensione minima. Il
secondo fa capo alla previdenza di
impresa, in cui il lavoratore, con il TFR e
con l’eventuale contributo del datore di
lavoro, predispone una cosiddetta “pensione integrativa”. Il terzo pilastro,
infine, è rappresentato dalla previdenza
individuale, cioè dalla previdenza che il
singolo ritiene di dover e poter effettuare
in aggiunta a quanto già previsto dai primi
due pilastri. Questo sistema misto garantirebbe il giusto equilibrio e il
mantenimento del proprio tenore di vita al
momento in cui si lascia l’attività
lavorativa.
Alleanza Assicurazioni, società leader
in Italia nel ramo Vita e una delle più
importanti a livello europeo, propone due
prodotti assicurativi “AlleCapital” e
“D’Oro” per ogni esigenza.
La prima
assicura che il rendimento realizzato
dalla sua gestione verrà riconosciuto
ogni anno nella misura del 100%. Allo
stesso tempo protegge dai rischi dei
mercati finanziari, garantendo al capitale
un rendimento minimo annuo del 2%.
Inoltre in caso di premorienza dell’assicurato, restituisce i premi investiti rivalutati. Alla scadenza del
contratto verrà liquidato il capitale rivalutato, convertibile in una rendita
vitalizia rivalutabile o anche reversibile al
sopravvivente designato.
Con la proposta “D’Oro” di Alleanza si
può scegliere tra moltissime opzioni
personalizzabili. In caso di invalidità
totale e permanente Alleanza prosegue il
pagamento dei premi fino alla fine del
piano.
Con la copertura di malattie gravi, si
ottiene subito un capitale dopo la diagnosi.
L’estrema flessibilità permette
di scegliere durata e piano di risparmio
con rateazione prescelta sui versamenti
che possono essere modificati nel tempo. Alla scadenza del contratto si
ottiene un capitale rivalutato (con rendimento minimo garantito del 2%
annuo) convertibile in una rendita vitalizia rivalutabile o anche reversibile.
Per informazioni e consulenze personalizzate, rivolgersi all’agenzia
Alleanza più vicina.