(A firma di Carlo ed Eugenio Di Stanislao) –

La Commissione Europea ha avviato una indagine nei confronti di Google, per verificare un eventuale abuso di posizione dominante e danneggiamento dei concorrenti nei risultati del motore di ricerca. In sostanza Big G viene accusato di avere un predominio tale nelle ricerche on-line da poter esercitare, di fatto, pressioni sulle scelte dei consumatori a beneficio di taluni ed a scapito di altri.
Più precisamente, i tecnici della Commissione Europea dovranno valutare gli di ranking che determinano il posizionamento delle pagine web nelle queries di ricerca al fine di verificare l’eventuale presenza di anomalie in grado di alterare il normale flusso dei risultati a scapito di taluni siti web che si ritengono danneggiati. Secondo Dan Olds, analista di Gabriel Consulting Group “queste indagini non succedono mai per caso. La Commissione Europea ha osservato cosa hanno dichiarato e fatto i regolatori statunitensi in riferimento a Google e questo la aiuta a dar forma a strategie e approcci. Funziona in entrambi i sensi. Sono certo che la U.S. Federal Trade Commission, stia attentamente osservando che cosa sta affermando la Commissione e seguirà l’indagine con grande interesse”. Sono stati alcuni concorrenti di Google a chiedere all’antitrust europeo di aprire un’inchiesta: Foundem (servizio di comparazione prezzi), Justice (motore di ricerca specializzato per chi si occupa di questioni legali) e Ciao (comparatore di prezzi ora parte di Microsoft) sono rivolti a Joaquín Almunia, Commissario Europeo per la Concorrenza.
Almunia dovrà stabilire se Google abbia ritoccato i risultati delle ricerche al fine di favorire i propri servizi a scapito dei concorrenti e vagliare condizioni di AdWords per verificare se non siano contrarie alla libera concorrenza, impedendo a chi aderisce al programma di mostrare annunci forniti dai servizi di altre aziende. Google, dal canto proprio, ha ribadito la propria à a collaborare, sostenendo che “c’è sempre spazio per migliorare”.
Se le accuse trovassero conferma, Google potrebbe ritrovarsi costretta al pagamento di un maxi risarcimento per miliardi di euro. Contnua inoltre l’hackeraggio contro Wikileaks, mentre il ministro della Giustizia americano ha annunciato di aver avviato “indagini penali” sul sito gestito da Julian Assange e Hillary Clinton ha ribadito che sarà usata la linea dura nei confronti di chi ha “rubato” le informazioni ottenute dal sito di Assange e che quanto avvenuto “non accadrà mai più”. Intanto Assange, inseguito da un mandato di arresto per stupro emesso dalla Suprema Corte Svedese lo scorso 18 novembre, ha presentato ricorso contro il mandato di cattura, dopo che ieri l’Interpool aveva diramato un mandato internazionale. L’ex hacker, che è al centro di una polemica internazionale dopo che Wikileaks ha pubblicato oltre 250mila cablogrammi durante il fine settimana, aveva già pubblicato, già ad ottobre, 400mila documenti Usa coperti da segreto sulla guerra in Iraq, in cui, fra l’altro, si indicava la presenza di 15mila vittime in più rispetto a quelle contabilizzate finora. Ma la cosa che fa più paura è ora la dichiarazione di possesso, da parte di Assange, di materiale molto compromettente su Bank of America. Attualmente la Clinton, la Palin e altri i stanno cercando il modo per bollare ufficialmente Assange come terrorista, il che consentirebbe loro di poter utilizzare diverse scappatoie legali per fermare (la pubblicazione dei documenti in mano a Wikileaks e che già hano fatto molto danno e rumore. Qualcuno ribatte riportando la memoria ai tempi di Nixon quando il New York Times pubblicò dei documenti riservati relativi alla questione del Vietnam, ottenuti illegalmente da un funzionario del Pentagono. Nixon cercò di incriminare sia il giornale che la sua fonte ma alla fine la Corte Suprema riconobbe che l’appello al primo emendamendo da parte dei difendenti aveva titolo, perchè la costituzione garantisce la libertà di espressione.
Anche quando questa nuoce (come successe effettivamente) agli interessi del proprio governo. C’e’ quindi chi oggi riconosce ad Assange lo status di giornalista, il che lo metterebbe al riparo dagli strali statunitensi. Ma il vero pericolo per Assange sono le Banche, cioè i soldi e questo espone più dei panni sporchi mostrati al pubblico. Ma il vero pericolo, come fanno notare solo in alcuni, non è quello di sputtanare politici e capi di Stato, banche ed assetti economici, bensì, vista l’importanza assunta da Wikileaks e la risonanza ottenuta a livello internazionale, che esso possa essere strumentalizzato, se non ora in futuro, da paesi che hanno l’interesse a mettere sotto stress l’intero mondo occidentale. In questo modo il web diventerebbe l’Armageddon definitivo.
Secondo la dottrina Restafari l’Armageddon (o meglio “Amagideon”) dell’Apocalisse, non andrebbe inteso come un’arma, ma sarebbe piuttosto da intendere con lo stato generale in cui l’intero mondo si trova adesso.
Forse anche a causa del web.