(A firma di Carla Liberatore, reporter indipendente y terremotata) –

Sono otto i mesi che ci separano dal ricordo di una tragica notte, dalle immagini di una tragedia che forse poteva essere evitata.

A distanza di tutto questo tempo ci ritroviamo a fare i conti con il passato, col presente e col futuro, ognuno dentro di sé e in ogni angolo di quella che era la nostra città. Siamo passati attraverso questa catastrofe dalle tendopoli agli alberghi, dalla giustizia all’ingiustizia, dal vero al falso in tutta un’atmosfera irreale ma divenuta all’occorrenza una miserabile realtà.

Aquilani forti e gentili come tutti gli abruzzesi, Aquilani con immensa dignità!

Ma su questa dignità qualcuno magari ha voluto specularci.
Sulla dignità di ogni aquilano alcuni hanno generato speculazioni economiche e su questa stessa dignità altri hanno adornato la loro immagine per probabili fini elettorali o comunque populisti.
Rimane in tutto questo, il senso di smarrimento che stiamo provando, quel vuoto lasciato dall’aver perso la quotidianità, la casa, il lavoro e tanti oggetti più o meno cari sotto cumuli di macerie.
Il terremoto ha bombardato L’Aquila, ma il pericolo ora si annida fra gli eroismi della ricostruzione e fra le responsabilità dei morti che ci sono stati. Ora è il momento di stringere i denti ancor di più per non permettere a caste mafiose di insinuarsi nella nostra vita, non permettere che non vengano fuori i nomi di chi ha sulla coscienza 300 persone decedute.
Non possiamo non ammettere che c’è stata una gravissima negligenza da parte degli enti preposti per mancato allarme e non possiamo far finta di niente quando nelle costruzioni è stato trovato meno cemento e ferro di quanto doveva essercene, non possiamo non impressionarci davanti al fatto che l’ospedale civile San Salvatore conteneva nei pilastri sabbia di mare e che fra l’altro non aveva neanche l’agibilità.
Proprio l’ospedale, l’unica struttura che dovrebbe rimanere in piedi sempre e comunque, non era agibile, fiore all’occhiello dell’Abruzzo; nient’altro era che un monumento alla mafia, alla corruzione e al furto che era stato esercitato dalle tasche dei contribuenti aquilani e abruzzesi.
Con il progetto C.A.S.E. vengono dati alloggi temporanei che sicuramente sono meglio delle tendopoli o dei container, ma attenzione perché bisognerà capire bene chi ci sta dietro a questo progetto, da chi sono diretti i lavori e chi sono i dirigenti del progetto stesso. E’ importante vegliare su tutta questa situazione per arginare qualunque forma di corruzione e clientelismo mafioso. La Procura di L’Aquila sta facendo già un enorme lavoro che probabilmente a breve darà i primi frutti ma non abbassare la guardia su determinati aspetti della situazione potrà renderci più liberi in futuro da qualunque casta e da qualsiasi altro scempio.
C’è un’altra questione che pare sia stata dimenticata, ossia: tutti i soldi derivati dalle donazioni per il terremoto del 6 aprile, dove sono andati a finire?
Quanti ne sono?
Chi e come vengono gestiti?
A tutt’oggi nessuno di noi cittadini aquilani conosce l’esatto ammontare delle somme donate, nessuno sa come vengono utilizzati questi fondi, da dove provengono, chi li sta utilizzando e per quali fini. È il momento di saperlo, chi di dovere deve iniziare a rendere pubbliche le somme delle donazioni e dirci altrettanto pubblicamente come li stanno adoperando.
Inoltre non è bastato da insegnamento nemmeno il sacrificio delle giovanissime vittime della casa dello studente, allorquando la Regione Abruzzo ha pensato bene di assegnare la gestione della nuova struttura alla Curia. È di qualche giorno fa una nota dell’UDU che cita testualmente:

Se le amministrazioni locali continueranno a dare in gestione risorse pubbliche solo ai pochi, in questo caso alla Curia, il diritto di uno stato laico senza clientelismi viene a decadere inesorabilmente.
Quei soldi che sono stati stanziati in realtà dovrebbero essere a disposizione di tutti, dovrebbero occorrere per ricostruire le strutture ricettive da assegnare con bandi e graduatorie, ma dalla nota dell’UDU si apprende che sostanzialmente gli alloggi assegnati sono frutto di probabili conoscenze private.
La mano longa di un cattolicesimo che nulla a che fare con gli insegnamenti millantanti, dimostra ancora una volta che del clientelismo si fa una ragione di vita comoda ed agiata.