(A firma di Emma Cerritelli e Lara Di Fabrizio) –

La Finanziaria 2008 ha introdotto nel
Codice del Consumo l’articolo 140 bis
titolato “azione collettiva risarcitoria a tutela
dei consumatori”. È di qualche giorno fa,
però, la notizia di uno slittamento della
piena efficacia della norma. La data
prevista, infatti, era quella del 29 giugno.
Il ministro dello Sviluppo Economico,
Claudio Scajola, ha affermato che è
necessario un percorso di revisione che
coinvolga le parti interessate cioè
Associazioni dei Consumatori ed Imprese.
Il Governo ha stabilito che si tratta solo di
un modo per migliorare la struttura di una
legge che è di fondamentale importanza
per i diritti dei consumatori. Questi ultimi,
infatti, potranno decidere di unirsi come
unica parte lesa in un’unica causa civile
contro i responsabili dei danni subiti. Chi è
stato danneggiato non sarà costretto da
solo a sostenere i costi di una causa contro
le grandi multinazionali ma troverà,
senz’altro, l’appoggio di tutti quei soggetti
che lamentano la lesione dello stesso
diritto.

I cittadini-consumatori possono
essere tutelati attraverso un’azione che
però non è concessa a chiunque ma solo
alle associazione dei consumatori
legalmente riconosciute perché iscritte
nell’Albo Nazionale e ai soggetti legittimati
altre associazioni e comitati purchè
rappresentativi degli interessi che si
vogliono far valere. La legge è inserita nel
Codice del Consumo e quindi l’azione
collettiva potrà essere esperita solo da
consumatori ed utenti. L’ambito di
applicazione, ai sensi dell’art.140 bis del
codice del consumo, per quel che
concerne il risarcimento del danno, si
estende ai rapporti giuridici relativi a
contratti cosiddetti per adesione (art. 1342
c.c.) che all’utente non è dato modificare e
contrattare, agli atti illeciti extracontrattuali,
alle pratiche commerciali illecite, ai
comportamenti anticoncorrenziali, messi in
atto dalle società fornitrici di beni e servizi
nazionali e locali, sempre che ledano i diritti
di una pluralità di consumatori o di utenti.
La legge riconosce e tutela, in caso di
soccombenza della parte convenuta, il
diritto dei consumatori ad ottenere il
risarcimento del danno e la restituzione
delle somme, ma nulla dice in merito alla
risoluzione o all’annullamento, o alla nullità
dei contratti in questione. Il tribunale deve
delibare se l’associazione o il comitato
proponente la class action siano
adeguatamente rappresentativi o se la
domanda sia ammissibile, dandone
adeguata pubblicità per aderire o
consentire ai soggetti interessati di
esserne informati e decidere se
partecipare con l’adesione o l’intervento,
beneficiando così degli eventuali effetti
favorevoli della sentenza.

È fatta
comunque salva l’azione individuale di chi
non aderisce all’azione collettiva. Il giudice,
se accoglie la domanda, determina i criteri
in base ai quali liquidare la somma da
corrispondere o da restituire ai singoli
consumatori o utenti che hanno aderito
all’azione collettiva.
Nei sessanta giorni
successivi alla notifica della sentenza
l’impresa formula la proposta di pagare una
certa somma. In caso di mancata
formulazione della proposta viene
costituita dal Presidente del Tribunale una
“camera di conciliazione” per la ulteriore
determinazione delle somme da restituire o
corrispondere. Il verbale di conciliazione
costituisce titolo esecutivo.