La situazione di isolamento dettata dall’emergenza Coronavirus sta modificando nel profondo abitudini e stili di vita, anche in funzione degli spazi in cui si e’ costretti a trascorrere le giornate. La situazione di emergenza mette pero’ in luce la solidarieta’ degli italiani, che non viene meno in questa situazione, unita alla proattivita’ per il continuo miglioramento personale e professionale. Sono solo alcuni degli aspetti che emergono dall’Osservatorio “LOCKDOWN. Come e perche’ sta cambiano le nostre vite” realizzato da Nomisma in collaborazione con CRIF su un campione di 1.000 italiani responsabili degli acquisti (18-65 anni). L’indagine analizza l’impatto del lockdown sulle vite dei cittadini: dallo stato d’animo, ai consumi, alle caratteristiche della quarantena (comfort e composizione dell’abitazione, compagnia di altri familiari e tempo libero…) fino ai desideri, individuali e collettivi, degli italiani per il post-COVID. Distanziamento e revisione delle modalita’ di relazioni sociali sono vissute come azioni necessarie a limitare la diffusione del virus: per ora solo il 7% degli italiani vive questa situazione come insopportabile. Un altro 7% sostiene con difficolta’ il peso delle restrizioni relative alla libera circolazione. Numeri che segnalano come – dopo 5 lunghe settimane di lockdown – gli italiani mostrino resilienza, capacita’ di trasformazione e disponibilita’ al sacrificio utile all’azione collettiva: per il 74% degli italiani la salvaguardia della salute deve essere al centro di ogni azione. Consapevoli dell’importanza del #iorestoacasa per la tutela della collettivita’, gli italiani sopportano la quarantena e resistono in attesa delle progressive fasi di exit, seppure con umore altalenante. Il 22% degli italiani vivono quasi giornalmente situazioni di stress, ansia o irascibilita’, piu’ sereni i Millennials (l’irrequietezza riguarda “solo” il 13%) rispetto a Gen X (27%) e Baby Boomers (28%).
Ad offrire sollievo sono i comfort presenti nella propria abitazione. Durante la quarantena, la casa e le sue dotazioni sono fattori di mitigazione per l’umore nero. La disponibilita’ di ampi spazi, dove trovare momenti di privacy incide positivamente sull’umore degli italiani: poter godere di un giardino o di una stanza tutta per se’ ferma l’irrequietezza (la quota di chi e’ spesso stressato si ferma al 12% e al 14%, rispettivamente). Chi invece ha una cucina di dimensioni sacrificate patisce di piu’: la quota di chi ha spesso un umore nero aumenta al 29%; stesso destino per chi e’ “sloggato” dal mondo (30% tra chi non ha alcuna connessione Internet, 29% tra chi non ha abbonamenti in streaming). Tra i fattori di stress, il lavoro: la messa in mobilita’, la cassa integrazione e le ferie “forzate” – situazioni che riguarda per il 27% degli italiani in attivita’. Lavorare da casa: si puo’ e piace Nelle ultime 3 settimane l’abitazione si e’ inoltre trasformata in ufficio per il 9% degli occupati. L’aumento del ricorso al lavoro agile e la possibilita’ di svolgere le proprie attivita’ da remoto hanno, infatti, portato quasi 2 milioni di italiani a lavorare da casa. Soluzione apprezzata anche per il post-lockdown: il 56% di chi oggi sta lavorando da casa vorrebbe proseguire, ma a tempo ridotto (qualche giorno al mese). Organizzazioni, aziende, lavoratori – sebbene “forzati” da una situazione di emergenza – stanno sperimentando un nuovo modo di lavorare fatto di strumenti digitali e innovativi e accelerando un processo organizzativo e formativo che in tempi normali avrebbe richiesto anni. È questo un traguardo da cui aziende e Pubbliche Amministrazioni non devono tornare indietro; e’ questa l’opportunita’ da cogliere per ripensare i processi produttivi alla luce di una “cultura dello Smart Working”. Il lockdown e’ in molti casi occasione per costruire con lungimiranza tasselli per il futuro: il 28% degli italiani sono impegnati in corsi di formazione on line o a partecipare a webinar. Una tendenza che continuera’ ad essere svolta anche dopo la fase di shut in, per il 32% nella stessa modalita’ – in particolare i Millennials (39%) – e per il 13% in misura superiore a quella attuale.