(A firma di Luisa Stifani, Direttore Responsabile Portfolio) –
Luoghi identici, dinamiche identiche, persino identiche le parole dei canti che in “trincea” si sono ritrovati a raccontare i disastri. È così che Giampaolo Giuliani nel suo libro
“L’Aquila 2009 – la mia verità sul terremoto”,
descrive la storia di un disastro annunciato.
La sismologia storica nell’aquilano racconta di fenomeni tellurici che si sono avvicendati negli anni con sconcertante periodicità. Il territorio aquilano è una delle aree a maggiore rischio sismico e da millenni è una corsa ad ostacoli.
Il terremoto, per la scienza ufficiale, resta un dramma imprevedibile ed immutabile ma non per Giampaolo Giuliani che nell’indifferenza generale del sisma del 6 aprile aveva previsto con esattezza e intensità la tragedia. Giuliani risponde ad alcune domande sui molti dubbi che ancora persistono.
Il suo libro sta riscuotendo interesse, finalmente, leggendolo si capiscono le verità del sisma devastante che il 6 aprile ha reso L’Aquila una città fantasma. Quali furono i suoi pensieri subito dopo il terremoto?
Quale errore non rifarebbe potendo tornare indietro?
Ho pensato subito che la città era stata distrutta e che ci sarebbero state sicuramente delle vittime. Quello di fidarmi delle istituzioni. Benché allertate non hanno tenuto conto dell’allarme.
Quello di non avvisare tutta la popolazione, nonostante la ventilata minaccia di arresto che avevo ricevuto, se lo avessi fatto. Ciononostante ho cercato di avvertire quanti più fosse possibile via telefono.
Come giudica il comportamento delle autorità locali in questa esperienza?
Pessimo.
Tra le dichiarazioni del prima, del durante e del dopo, ci si può rendere conto dei gravi errori commessi da chi doveva attendere all’incolumità dei cittadini. Da almeno 10 giorni prima del forte terremoto parte della popolazione trascorreva le notti all’addiaccio, non è stato dato loro alcun riferimento o sostegno fisico e morale.
Ad otto mesi dal sisma, la terra non ferma la sua agitazione, se la storia insegna davvero, fra quanto e dove dobbiamo attenderci un altro 6 aprile?
La mia ricerca permette di poter prevedere eventi sismici di piccola, media e grande intensità solo con 6- 24 ore in anticipo sull’evento.
Al momento in cui parliamo, siamo ancora interessati sul tutto il bacino dell’aquilano da una alta sequenza sismica strumentale, 30-40 scosse, per giorno, di magnitudo non rilevabile dalla popolazione, che comunque rappresentano una situazione ancora delicata.
Bisognerà attendere diversi mesi prima di poterci considerare fuori da ogni pericolo.
Il territorio sismogenetico del bacino aquilano è piuttosto ampio, presenta un raggio d’azione pari a circa 25 – 30 km di raggio, con centro L’Aquila.
Un eventuale colpo di coda, nell’eventualità dovessimo rientrare nella statistica storica, potrebbe essere un qualsiasi epicentro entro il raggio d’azione considerato.
Il lago di Sinizzo ha cambiato visibilmente la sua morfologia. Gli abitanti di Villa S.Angelo e San Demetrio riferiscono di boati e scosse continue.
Cosa realmente sta accadendo? Perché tanto riserbo su questo fenomeno? Secondo lei la zona andrebbe evacuata?
Gli ultimi episodi di scosse strumentali che osserviamo, in buona percentuale riguardano appunto il territorio compreso tra Ocre, Paganica, San Demetrio, Poggio Picenze, Villa Sant’Angelo e Prata D’Ansidonia. I boati che lamenta la popolazione, trovano riscontro negli eventi strumentali che giornalmente vengono registrati dai sismografi. Sono abbastanza superficiali ed udibili anche se d’intensità bassa.
Sono caratteristici del tipo di crosta terrestre e dello spessore che questa presenta nel basso Aterno e del tipo di faglie caratteristiche di quella zona.
Non c’è nessun segreto. È una zona ad alto rischio sismico come tutto il bacino dell’aquilano, che dal centro della città si estende per un raggio di 20/25 km, questo non vuol dire che la zona va evacuata ma va semplicemente messa in sicurezza. Va fatta un’attenta microzonazione su tutto il territorio.
Sulle calamità naturali c’è un grande richiamo di interesse economico. Pur tra pericoli di infiltrazioni mafiose, corruzione politica, la ricostruzione per viabilità, scuole e progetto C.A.S.E. procede a ritmi serrati. Come giudica questa fase?
Credo per la prima volta, nella storia dei terremoti italiani, la ricostruzione, l’attenzione, l’aiuto alla popolazione, l’interesse per la riprogrammazione e lo sviluppo sia stato più veloce del terremoto stesso.
Si è pensato alla ricostruzione ad alto livello prima ancora che la Terra smettesse di tremare.
È una fase delicatissima.
La rapidità d’inizio dei lavori ha colto di sorpresa gli stessi ambienti malavitosi che in altre circostanze hanno avuto modo di lucrare sulla pelle della povera gente. Vien quasi da pensare che la troppa efficienza, sia stata studiata meticolosamente a tavolino, da tempi non sospetti.
Ripeto, una strategia perfetta per cogliere di sorpresa tutti: politici, corruzione, mafiosi, speculatori e sciacalli sempre pronti a rimestare tra le macerie.