(A firma di Eugenio Cascione, Dottore Commercialista. Revisore di Confcooperative) –
L’art. 27 quinquies della Legge Basevi inserito dall’art. 18 della Legge 19/03/1983 n. 72 (cosiddetta “Visentini bis”) prevede che le cooperative e i loro consorzi possono costituire e/o essere soci di società per azioni o a responsabilità limitata.
Prima della emanazione di questa ultima norma vi era chi sosteneva che le cooperative avessero una mera capacità funzionale. Da ciò la preoccupazione consistente nel fatto che tale partecipazione poteva determinare un mutamento dello scopo della cooperativa partecipante e che, con l’acquisto di partecipazioni in società lucrative, le cooperative potevano realizzare, seppure indirettamente una trasformazione in società lucrative. L’art. 27 quinqiues ha rimosso tale dubbio consentendo la partecipazione di società cooperative in società lucrative e permettendo così alle cooperative di divenire il centro di una struttura di gruppo con la possibilità di realizzare una strategia imprenditoriale, espressione di una direzione unitaria al punto che la partecipazione in società di capitali costituisce attualmente una delle forme più utilizzate di organizzazione dell’attività mutualistica accanto alle cooperative di primo grado ed ai consorzi cooperativi.
Quindi sulla scorta di quanto disposto dall’art. 27 quinquies della legge Basevi si può ipotizzare un gruppo cooperativo formato in modo eterogeneo e cioè costituito da imprese ordinarie e da imprese mutualistiche dove le società cooperative ed i loro consorzi possono partecipare in società di capitali ove la direzione unitaria viene esercitata dall’ente mutualistico. In un siffatto gruppo la direzione unitaria trae origine sia dal vero e proprio “controllo azionario” di cui all’art. 2359, comma 1 n. 1) e 2) del codice civile, sia dal “collegamento” di cui all’art. 2359 comma 3, sia anche dal “controllo contrattuale” di cui all’art. 2359 comma 1 n. 3) codice civile.
Sin qui si è detto in merito ad un gruppo cooperativo configurato in maniera eterogenea, ma vediamo ora di configurare un gruppo cooperativo omogeneo e cioè costituito solo da società cooperative.
Un primo limite, che emerge immediatamente, riguarda il controllo azionario o il collegamento di cui all’art. 2359 comma 1 n. 1) e 2) e comma 3. Ciò si spiega per una delle caratteristiche fondamentali che contraddistinguono le società cooperative vale a dire il principio democratico che attribuisce ad ogni socio un voto a prescindere dall’entità della quota di capitale detenuto (c.d. “Principio democratico” ovvero “una testa un voto”). Tale principio si rivela, quindi, un ostacolo insormontabile alla costituzione di un gruppo cooperativo omogeneo, né può essere di ausilio la prescrizione dell’art. 2532 comma 3 del codice civile secondo cui è possibile attribuire più voti alle persone giuridiche socie della cooperativa, ma non si deve superare il limite di cinque voti, in relazione all’ammontare delle quote o azioni ovvero al numero dei loro membri. In ogni caso è preclusa la possibilità di esercitare un’influenza dominante nell’assemblea dei soci e quindi poter esprimere una direzione unitaria di gruppo.
Può, invece essere ammessa una posizione dominante da parte di una cooperativa sulla base di particolari vincoli contrattuali esistenti con altre cooperative e che quindi si trova nelle condizioni di poter determinare una “direzione unitaria”.
Da quanto evidenziato si comprende come la partecipazione di società cooperative in società lucrative non abbia vincoli sia di natura ordinamentale sia normativa tanto da intravedere ostacoli all’impiego, da parte delle società cooperative, di sofisticate tecniche d’acquisizione come le offerte pubbliche d’acquisto, ovvero organismo che gestisce partecipazioni finanziarie in società cooperative allo stesso modo di una vera e propria holding.
Tale assunto è confortato dal fatto che lo stesso legislatore ha imposto la redazione del bilancio consolidato anche alle cooperative che controllano una s.p.a., una S.r.l. o una S.a.p.a (art. 25 D.lg. 09/04/1991 n. 127), legittimando la possibilità di comprendere anche le stesse cooperative tra le società passibili d’interventi partecipativi, nonostante il silenzio sul punto dell’art. 27 quinquies della legge Basevi.
A tal proposito è opportuno non prescindere mai da una valutazione della congruenza, con le finalità della cooperativa, dell’acquisizione di partecipazioni di controllo, da parte di questa in società lucrative. In sostanza tale concetto non è altro che il cosiddetto “principio di strumentalità”, che non è violato, quando un’acquisizione del tipo sopra descritto, non comporta lo snaturamento della cooperativa.
Il Gruppo Cooperativo Paritetico
Il legislatore ha regolamentato il gruppo cooperativo paritetico nell’art. 2545 septies del nuovo codice civile.
La norma in questione ha un contenuto molto scarno; ciò induce a ritenere che volutamente il legislatore non l’ha disciplinata in maniera analitica per offrire alle parti una maggiore libertà di regolamentazione del contratto, il quale deve obbligatoriamente contenere: la durata, la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo indicandone i relativi poteri, l’eventuale partecipazione di altri enti pubblici o privati, i criteri di adesione o di recesso del contratto, i criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività in comune.
Non a caso il legislatore usa il termine “contratto” per identificare il documento con il quale si costituisce il gruppo cooperativo paritetico.
In effetti, esso non è altro che un accordo contrattuale con il quale le imprese cooperative, regolano, anche nella forma del consorzio, la direzione ed il coordinamento delle rispettive imprese. La struttura del gruppo deve adeguarsi ai caratteri della mutualità al fine di rappresentare l’unico modello compatibile con le società mutualistiche. Tale modello deve essere capace di elaborare unitariamente le decisioni strategiche e la direzione amministrativa delle parti, di realizzare una gestione accentrata di servizi, risorse ed informazioni, attraverso un coordinamento dell’attività delle singole imprese aderenti e rispettoso dello scopo mutualistico dalle stesse perseguito.
Al n. 3) il comma 1 dell’art. 2545 septies stabilisce che al gruppo possono partecipare, oltre che le società cooperative anche enti pubblici e privati. In relazione alla partecipazione dei privati qualche autorevole interprete ha inteso tale affermazione come partecipazione di società lucrative. Tale tesi però trova un limite nella definizione insita nel termine “paritetico” che definisce il gruppo cooperativo. In sostanza si vuole intendere che esso è un gruppo cooperativo “omogeneo” e quindi può essere composto solo da cooperative. Comunque, pur volendo accogliere l’ipotesi della presenza di società lucrative nel gruppo cooperativo paritetico sembra doversi escludere la possibilità di affidare a codesti partecipanti poteri di direzione e di coordinamento. A tal proposito, proprio per la sua specificità e per i principi che contraddistinguono le società cooperative, sembra vi sia incompatibilità tra politica di gruppo ed interesse mutualistico particolare delle imprese aderenti; ciò in considerazione anche del possibile pregiudizio che una delle cooperative partecipanti al gruppo potrebbe risentire per effetto della politica di gruppo.
Infatti, si deve considerare la concezione secondo cui, nell’esaminare i pregiudizi, si devono anche rilevare i vantaggi dei quali la stessa società beneficia per l’appartenenza al gruppo medesimo. Tali vantaggi definiti dal legislatore “compensativi” e previsti al n. 5 dell’art. 2545 septies rappresentano uno dei meccanismi più complessi ed innovativi della nuova disciplina dei gruppi paritetici. Quindi il contratto del gruppo cooperativo deve regolamentare i “criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune”, inoltre lo stesso contratto deve prevedere la possibilità per la cooperativa dominata di recedere dal gruppo nel caso in cui dovesse ravvisare dei pregiudizi negli scambi mutualistici tra la cooperativa aderente al gruppo ed i suoi soci.
Lo stesso principio è previsto anche per i gruppi ordinari dell’art. 2497 del codice civile e si basa sulla teoria dei cosiddetti “vantaggi competitivi”. Secondo la succitata norma, i vantaggi del gruppo rappresentano un limite negativo all’esplicazione dei poteri della società dominante la cui trasgressione determina una responsabilità per violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Al contrario nel gruppo cooperativo paritetico i vantaggi compensativi oltre a rappresentare un limite negativo, devono anche essere visti attraverso una valutazione positiva e soprattutto preventiva dato l’obbligo di indicarli nel contratto costitutivo del gruppo.
Di particolare rilievo, nella disciplina del gruppo cooperativo paritetico appare il diritto di recesso cui la cooperativa aderente ha la facoltà di esercitare immediatamente dal contratto, senza oneri o vincoli di alcun genere a suo carico, quando dovesse verificarsi l’ipotesi che, per effetto della sua adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.
Degno di nota appare, sempre in merito al diritto di recesso, il rapporto tra la norma che regolamenta il recesso della cooperativa che partecipa al gruppo e la disciplina dello stesso diritto previsto in capo al socio della società sottoposta a direzione della capogruppo nei gruppi ordinari come previsto dall’art. 2497 quater del codice civile.
In particolare si pone il problema se, nel silenzio della legge anche il socio di società cooperativa soggetta ad eterodirezione possa esercitare il diritto di recesso in modo da non privare il socio cooperatore di uno strumento di tutela che compete direttamente al socio di società lucrativa.
Al gruppo cooperativo paritetico si possono estendere i principi dettati dall’art. 2497 in materia di responsabilità della capogruppo. A tal proposito ricordiamo che la norma stabilisce che la società che viola i principi della corretta gestione societaria ed imprenditoriale è direttamente responsabile nei confronti dei soci della società dominante e dei relativi creditori per il pregiudizio causato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale nonché per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Tale assunto è evidente possa calarsi nella disciplina del gruppo paritetico, quando la capogruppo arreca pregiudizio nel perseguimento del vantaggio mutualistico nei rapporti tra cooperative e rispettivi soci. Tale responsabilità è esclusa, quando vi sono dei vantaggi compensativi e cioè quando il danno risulta mancante alla luce dell’attività vista nel suo complesso.
Ad ulteriore conforto del regime di responsabilità viene l’obbligo, previsto dall’art. 2497 ter, di motivare in maniera analitica le decisioni della società subordinata le quali sono influenzate dall’assoggettamento all’altrui direzione e coordinamento. Tale obbligo è strettamente collegato alla disciplina del gruppo cooperativo paritetico in merito alla previsione nella redazione del contratto dei vantaggi compensativi.
Infine un’ultima considerazione riteniamo possa farsi in materia di pubblicità legale. A tal proposito occorre fare riferimento sia alla disciplina sui gruppi ordinari, sia alla disciplina generale.
In particolare l’art. 2545 septies del codice civile obbliga tutte le società cooperative partecipanti al gruppo, di depositare il contratto presso l’Albo Nazionale delle Società Cooperative istituito, ai sensi dell’art. 15 del D.lgs. 220/2002, dal Ministro delle Attività Produttive con il D.M. 23 giugno 2004. Detto deposito presuppone che tale contratto debba essere redatto in forma scritta e possedere i requisiti d’atto pubblico quindi redatto da un notaio ovvero nella forma della scrittura privata autenticata. Inoltre le cooperative devono indicare in tutta la loro corrispondenza che sono assoggettate alla direzione ed al coordinamento della società cooperativa capogruppo. Si ritiene altresì applicabile al gruppo cooperativo paritetico quanto previsto, in materia di pubblicità, dall’art. 2497 bis del codice civile, mediante l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese a cura degli amministratori.