(A firma di Carla Liberatore) –

La ricostruzione vera e propria della città pare ancora piuttosto lontana, sono stati fatti degli interventi come ad esempio il progetto C.A.S.E. che occorrono solo a tamponare la situazione delle migliaia di persone rimaste senza abitazione.
A proposito del progetto di cui sopra, perché tutte le imprese che lo hanno realizzato sono esterne alla nostra realtà cittadina?
Che tipo di accordo c’è dietro a tutto questo?
Sarebbe troppo bello ricevere una risposta tanto diretta quanto la domanda, come ad esempio fino ad oggi nessuno ha risposto mai alla domanda:
“Quanti soldi sono stati stanziati per gli interventi prima e la ricostruzione poi?
Quanti quattrini sono stati donati da dopo il sisma del 6 aprile fino ad oggi? Chi li gestisce e come?”

Mbé … la cauterizzazione iniziale della ferita profonda e dolorosissima c’è già stata… ora bisogna solo attendere quel tempo necessario che passi per la completa guarigione della città e dei cittadini, rimane il solito dubbio che sicuramente sarà altrettanto latitante nelle risposte:
“Della cicatrice che ci porteremo dietro, per quanti anni dovremo pagare le conseguenze”?

Ci sono imprese di costruzione in appalto ed in sub appalto, del sub appalto, del sub appalto di altre grandi aziende edili, che con il progetto C.A.S.E. ci camperanno almeno un paio di generazioni per la rendita che ne deriva. Vedasi ad esempio Impregilio con l’ospedale San Salvatore. Ma il bello è che ci raccontano della favola che l’attività economica e lavorativa della città sta ripartendo grazie alla ricostruzione.
La verità è che ci saranno come al solito i soliti noti che faranno i soldi mentre i nostri ragazzi aquilani e i nostri lavoratori, rimarranno sempre con le pezze rattoppate nei jeans un pò calati…sarà questione di moda?

Naturalmente vista la natura polemica delle domande che pongo da mesi agli amministratori centrali e locali, qualcuno mi taccerà come una donna di sinistra triste e disfattista.
Il fatto è che della politica del “Buonumore” quanto del partito “dell’Amore”, noi aquilani, sinceramente non sappiamo proprio cosa farcene. Anzi, magari chiediamo delle risposte che non arrivano mai, che si perdono nel vuoto intellettuale dei “Mastri Geppetti” della ricostruzione di una città che rischia non solo di perdere inesorabilmente il proprio ingente patrimonio culturale, ma anche di perdere la propria identità di capoluogo di regione… Anzi… quest’ultima virtù la sta già perdendo grazie al necessario decentramento di alcuni enti locali.

Rimangono poi come sempre le domande sulle procedure di assegnazione dei nuovi alloggi temporanei, sui posti letto nella nuova casa dello studente dove pare sia arrivata la consueta caritatevole “Mano longa” del potere vaticano e per tutti coloro che hanno perso oltre la casa anche il proprio lavoro, resta solo da chiedersi se nel tornare a L’Aquila, potrà mai esserci a breve termine la possibilità di sopravvivere almeno con un lavoretto a progetto pagato 3 euro l’ora.

Vien da dire: “Non ce n’è per nessuno”… Intanto si torna in “madre patria” almeno la si ripopola e poi si vedrà… se si vedrà… Tanto se la gente “more dè fame”, come direbbe Carlo Alberto Salustri, in arte ‘Trilussa”, non gliene frega niente a nessuno, tanto meno al governo del buonumore che al massimo risponderà di farci una risata e di star tutti tranquilli che nessuno ci caccerà mai da quelle case, che nessuno ci abbandonerà mai e che i posti di lavoro arriveranno presto a 10 milioni.
A L’Aquila in particolare, tutti avranno di che sostentarsi. Ma sarà vero?
Fra chi ancora piange la disperata e traumatica perdita della propria città e dei propri cari, c’è chi se la ride con gli ‘spiccioli’ in tasca.

Nel frattempo alcuni rimangono parcheggiati negli hotel della costa, realtà in cui ci sono moltissimi gestori che i terremotati li trattano bene, addirittura benissimo e in altri casi vengono trattati come i cagnolini da giardino a cui dare gli avanzi della festa.
Eggià, perché proprio di festa si parla, però per loro, per questi, spero pochi, albergatori e ristoratori senza scrupoli colpevoli almeno come coloro che hanno costruito edifici a L’Aquila pieni di sabbia e di paroloni senza senso.

“Dividi et Impera”, questo a mio avviso è il motto dell’attuale buon governo del buon umore, dei bei maschioni e delle belle signore; tanto è vero che sono stati capaci di dividere la popolazione aquilana in buoni e cattivi, coraggiosi e vili, tosti e mosci… Barcollo ma non mollo, mollo senza barcollà… Ecc….

Infatti ad esempio sugli aspetti psicologici altrettanto devastanti come quelli materiali, nessuno si sta soffermando.
La gente che sta negli alberghi, che sia trattata male o bene, vive molto spesso da alienata, in preda al sottile soporifero ricatto della depressione, gettata sul letto o davanti ad un piatto di buon cibo e non se ne esce. Ho raccolto in questi mesi testimonianze di ragazzi e ragazze che vivono trascinandosi dietro il concetto di poter stare tranquilli tanto c’è mamma Italia che pensa a loro, non sono affatto motivati a far altro, drogati di cibo buono o cattivo che sia, passano le loro giornata ad aspettare che qualcuno gli dica:
“Torna a casa, c’è un posto di lavoro per te”. Questa è senz’altro una loro personale responsabilità ma è pur vero che il sostegno psicologico è necessario ora più di 9 mesi fa, non solo per queste giovani leve del lavoro ma anche, forse, soprattutto, per le persone più anziane che in tutto il contesto hanno meno risorse per poter reagire.

In tutta questa Fanta – realtà, ci sono poi le situazioni di coloro che avendo perso casa e lavoro a L’Aquila, in questi mesi si sono ambientati in altri luoghi, ricostruendo pian piano, con grandi sacrifici e fatica, un loro individuale tessuto sociale, una loro umanità perduta fra le macerie del terremoto e le passerelle degli ‘umoristi’.
Per loro, quelli che rimarranno forse per sempre fuori L’Aquila, non ci sono poi un gran ché di diritti in vista per il prossimo futuro. In buona sostanza il concetto è che se si torna in patria si ha la casa, chi non torna, che s’attacchi pure al tram dell’autonoma sistemazione e se non c’ha denari che se la veda pure da solo, magari mettendosi a fare ‘l’umorista di strada’ come alternativa ad un vero sostentamento.

E tanto, almeno per una volta, per non essere disfattista fino in fondo, mi concedo il lusso di fare delle proposte al governo dell’amore e del buonumore:

  • – Rilancio immediato dell’economia cittadina con l’impianto di nuove industrie che paghino i lavoratori nò pè ride, ma pè davero
  • – Interventi a sostegno economico temporaneo con magari qualche corso di specializzazione al lavoro, per tutti coloro che non hanno più una occupazione
  • – Revisione degli aiuti alla popolazione in base al reddito dimostrato. Perché si sa che chi ha un reddito continuo e magari elevato, con relativo conto in banca che ride, per l’appunto, ha molte più possibilità di sopravvivenza di un qualunque lavoratore precario e di qualunque disoccupato
  • – Sostegni economici seri, stavolta: SERI! A tutte le famiglie che attualmente vivono difficoltà sui generis
  • – Maggiore attenzione alle aziende aquilane sia edili e sia di altri settori che possano con il rilancio della loro attività creare nuovi posti di lavoro. Non sempre gli stranieri sò i mejo.
  • – Togliere immediatamente le persone aquilane che vivono sulla costa, dalle convenzioni con gli alberghi e con i ristoranti, operare per loro al fine di metterli in case decenti sia dentro che fuori L’Aquila a seconda di dove desiderano stare e dar loro in alternativa dei buoni pasto da consumare dove vogliono.


Con i soldi risparmiati dallo scellerato continuo ed inesorabile rapporto di dipendenza con ristoranti ed alberghi, si potrebbero realizzare almeno in parte, molti dei punti di cui sopra.

Stavolta è bene che a facce ride, siano i nostri governanti, perché ci siamo stufati dè stà sempre a pigne.

Per concludere in bellezza è bene anche ricordare ai ‘giullari’ di corte, che chi si è stabilito fuori città ricostruendosi una parvenza di vita serena e normale in altri luoghi, è sempre comunque un terremotato e in quanto tale ha diritto come tutti gli altri ad avere un alloggio che sia suo per sempre e non solo temporaneamente.