(A firma di Maria Salzillo, tratto da http://economia.iobloggo.com) –

Che usciamo (o quasi) da un periodo di crisi, è un dato di fatto!
Che ad averne sentitoper prime la minaccia sono state le imprese operanti in settori maturi, ormai giunti alla saturazione, anche questo ahimè lo è!

La tematica sulla quale vorrei attirare la vostra attenzione, è quella relativa alle “strategie di superamento” che le imprese in un settore maturo, possono adottare per affrontare (e perchè no, superare) un periodo così critico.

Sulla base di una serie di ricerche che ho condotto è risultato che una strategia sempre più spesso realizzata dalle aziende che operano in un settore maturo per definizione – come il settore automobilistico – è il Comarketing.
Si tratta di un’interessante strategia posta in essere per la condivisione delle risorse intangibili.

definizione di risorse intangibili si è notevolmente ampliata nel corso degli anni, tanto che non sono più ritenute tali solo le immobilizzazioni immateriali contabilizzate nel bilancio d’esercizio (brevetti, licenze e marchi), ma anche altre risorse quali la satisfaction, l’immagine aziendale, la reputazione, la fiducia, ecc..

Da alcuni studi condotti ,è risultato che oggi un terzo del valore dell’impresa deriva da elementi invisibili come la marca, l’esecuzione della strategia, la reputazione e la cultura innovatica; si è giunti dunque a parlare di un vantaggio invisibile.

Gli imprevedibili cambiamenti provenienti dalla new economy stanno producendo un’intera gamma di rischi diversi: nuove transazioni, nuovi mercati, nuove tecnologie, nuovi concorrenti e nuove relazioni. In tale situazione di turbolenza, il successo di un’azienda dipende in definitiva dal modo in cui definisce e gestisce il suo portafoglio di assets. Le imprese, dunque, hanno bisogno di nuovi metodi per impostare la strategia, operare, gestire il rischio ed utilizzare le informazioni nel processo di decision – making.

La sfida proveniente dal mercato è difficilmente sostenibile da qualunque impresa, a meno che non sappia opportunamente organizzarsi in termini di cooperazione, chiamando a raccolta più operatori capaci di portare specifiche risorse, siano esse tecnologiche, finanziarie, umane, produttive o anche di clientela. Oggi assistiamo infatti ad intense politiche di collaborazione con altre imprese in una specifica fase della catena del valore: il marketing. In particolare, la crescita degli accordi ha spinto le imprese alla ricerca di nuovi ambiti in cui sviluppare partnership di marketing; infatti si identificano anche altre aree in cui si possono avviare attività di co-marketing, oltre alle tradizionali alleanze tra l’impresa produttrice ed il distributore (partnership verticali).

Dunque, le partnership di marketing stanno diventando uno strumento utilizzato da un crescente numero di imprese per allargare e perseguire i propri obiettivi.

Fino a dieci – quindici anni fa, le imprese ricorrevano agli accordi di marketing con l’intento prevalente di ottenere delle economie di costo; oggi invece, le imprese vi ricorrono anche per aumentare la loro competitività, la fedeltà e la soddisfazione dei propri clienti e soprattutto per aumentare il valore offerto; per generare dunque sia benefici economici che benefici immateriali.
Si pensi ad esempio il caso di tre autovetture di pari livello: Citroen C1, Toyota Aygo, Peugeot 107. In questo caso il motivo principale che ha portato alla realizzazione di strategie di co-marketing è legato ad una decisione presa a monte. Infatti, le tre vetture sono state prodotte in comune per ridurre i costi di sviluppo.
Per differenziare le tre auto che partivano da un prezzo d’attacco simile ed avevano il 92% delle componenti in comune, le tre case costruttrici hanno preferito distinguersi adottando differenti strategie: Citroen attraverso strategie più aggressive promuovendo diverse iniziative di co-marketing; Peugeot e Toyota invece con strategie più soft e snob; infatti Peugeot ha mantenuto un profilo più elitario, in linea con la percezione del proprio brand, proponendo una serie limitata in collaborazione soltanto con la griffe giovanile Sweet Years, e Toyota con una scelta ancora più conservativa affidando il successo della Aygo esclusivamente alla potenza del marchio Toyota.

Infatti, conseguire una forma di protezione dalla minaccia della concorrenza sui prezzi, attraverso un grado di differenziazione è un risultato molto ambito nei settori maturi. Nel settore dei beni di consumo, la fase di maturità implica che la differenziazione non è più incentrata sulle caratteristiche fisiche del prodotto, ma piuttosto sull’immagine. Infatti in un mercato saturo dove le differenze tangibili tra produttori diversi tendono, all’interno della stessa categoria, ad assottigliarsi e le innovazioni rischiano di essere clonate in tempo reale, la marca necessita di essere immediatamente riconoscibile e di sedimentarsi nella mente del consumatore trasmettendo un’identità ed un posizionamento distintivi e coerenti.
“Dunque attraverso il co-marketing, e più specificamente attraverso il co-marketing volto alla co-produzione di un bene tra i differenti partner, è perseguita una strategia di personalizzazione di massa che conferisce una vera e propria differenziazione dell’offerta”.

Pertanto, credo di poter affermare che il co-marketing , è un’alternativa piuttosto valida per le imprese che lavorano in un settore maturo in quanto la forza delle marche che contrassegnano il prodotto, il miglioramento della qualità dei prodotti stessi e l’elevato grado di differenziazione perseguibile, agiscono come fattori di attrazione nei confronti della domanda intermedia e finale, permettendo ad esempio di:

  • – incrementare il livello di soddisfazione dei clienti tradizionalmente serviti, accrescendone la fedeltà;
  • – conquistare nuovi segmenti di clientela, i quali apprezzano in modo particolare i benefici funzionali offerti dal prodotto oggetto del co-branding;
  • – far ottenere a tale prodotto un livello di notorietà atto a consentire l’ingresso nell’insieme evocato dei consumatori, in modo più agevole e talora con investimenti più limitati rispetto a quelli necessari qualora le marche operassero individualmente;
  • – fronteggiare una curva di domanda parzialmente irrigidita dagli sforzi di differenziazione sostenuti dalle singole marche nei rispettivi ambiti di attività, e quindi disposta ad accettare politiche di prezzo più remunerative per l’impresa.;