(A firma di Giorgia Vezzoli) –
Microcredito significa concedere micro finanziamenti tesi alla
realizzazione di progetti imprenditoriali (ma non solo) a soggetti esclusi dal sistema di credito
istituzionale. Questa strategia nasce
in Bangladesh, intorno alla fine degli
anni ’70 dall’idea e dalla volontà del
prof. Muhammad Yunus, che crede
nella possibilità di uscire dalla povertà
attraverso la rivalutazione delle
capacità economiche dei non-bancabili e del credito come diritto
umano, necessaria condizione per lo
sviluppo di un sistema più giusto.
Il
successo di questa esperienza fa sì
che presto si voglia replicare il
modello alla luce degli ottimi risultati
raggiunti ed il microcredito diviene il
centro di un dibattito internazionale a
cui partecipano istituzioni, governi e
organizzazioni non governative: questi soggetti cominciano ad
implementare azioni di microcredito
ispirate al modello Grameen. In vari
paesi in via di sviluppo quali Asia,
Africa, America Latina, questo strumento comincia così ad essere
inserito nel dibattito sulla riduzione
della povertà sino a diventare l ‘oggetto di conferenze
interministeriali e di organismi internazionali.
L’esperienza dell’illustre prof. Yunus non trova
corrispondenti nel mondo occidentale
dove invece l’approccio economico
eticamente orientato ha da sempre dovuto tener presente una ben diversa poliedricità di bisogni cui rispondere: il microcredito è quindi
solo una parte di un comunque scarno
movimento di raccolta ed impiego che
chiamiamo “microfinanza”.
Partendo
dal presupposto che in un’economia
complessa come quella occidentale i
soggetti a basso reddito non
necessitano solo di credito, ma anche
di servizi per il risparmio e di
accompagnamento nei progetti, di
formazione e gestione dell’idea
imprenditoriale, le varie istituzioni di
microfinanza si specializzano nell’offerta di questi nuovi prodotti, nati
da approcci solidali, ma che non ne
risultano limitati.
Gli aspetti qualitativi dell’attività di
microcredito
Il microcredito è uno strumento di
sviluppo locale che prevede la
concessione di prestiti ai soggetti che
hanno difficoltà ad accedere al finanziamento tradizionale delle
banche.
Si differenzia dal credito
tradizionale sia per la dimensione
delle operazioni in cui si realizza sia
per il tipo di investimenti ed iniziative
che sostiene. L’obiettivo originario e
principale di questo strumento
finanziario è quello di superare i limiti
all’erogazione di servizi finanziari
posti dalle condizioni di povertà in cui
vivono ampie fasce della popolazione
dei paesi in via di sviluppo.
In questi casi non si tratta di finanziare
iniziative imprenditoriali di grande
portata, ma di concedere piccole somme di denaro per l’acquisto di strumenti (attrezzature, macchinari) o di capi di bestiame, che consentano di
avviare attività produttive di tipo
familiare; nel caso in cui il microcredito
sia rivolto a piccole imprese, viene
spesso accompagnato da una preziosa serie di servizi aggiuntivi,
quali la formazione tecnica e
gestionale o la creazione di reti
commerciali di distribuzione.
Tale
attività creditizia, rivolta principalmente alle donne per loro
intrinseca affidabilità e capacità di
ripagare i debiti, permette di avviare
circoli virtuosi di emancipazione dalla
povertà e di miglioramento delle
condizioni di vita.
L’entità del microcredito in Italia
In Italia ci sono 789 banche e oltre 30
mila sportelli, che raccolgono un
risparmio complessivo di circa
729 miliardi di euro e svolgono un’attività di impiego complessivo del
risparmio raccolto per oltre
1.000 miliardi di euro, di cui circa
480 miliardi di euro in mutui: l’entità
dei capitali coinvolti nei progetti di
microcredito non è assolutamente
paragonabile con il mercato creditizio
tradizionale.
Negli ultimi quattro anni
sono stati erogati circa 550 mila euro
in microfinanziamenti, con una
presenza sul territorio nazionale che
nulla ha a che vedere con la presenza
del sistema creditizio tradizionale.
Sono stati raggiunti negli ultimi quattro
anni circa 330 beneficiari. L’Italia
rappresenta poco più del 20% dei programmi di microfinanza attivati in Europa e nei paesi in transizione, in termini di beneficiari a malapena l’1%
dei beneficiari raggiunti dalla totalità
dei programmi di microfinanza europei.
Secondo una recente ricerca
realizzata dall’Associazione Finanza
Etica e da Lunaria, negli ultimi quattro
anni sono stati erogati in Italia circa
550 mila euro in microfinanziamenti e
sono stati raggiunti circa 330 beneficiari. Dai dati raccolti dalla
ricerca emerge un’enorme diversità di
interpretazione di microprestiti: si va
da un minimo di 2 mila euro fino a
prestiti per importi pari a 20 mila euro.
L’importo del prestito varia in base al
tipo di imprese finanziate (a seconda
che si tratti di imprese individuali
piuttosto che di imprese collettive)
oppure in base al tipo di disagio
sociale ed economico a cui il progetto
fa riferimento. La durata del prestito
erogato è tra i 3 e i 5 anni con rate
mensili di restituzione, che comprendono sia il capitale che l’interesse (qualora ci sia).
In genere il
tasso di perdita, ovvero la mancata
restituzione del prestito, è molto
basso e si aggira intorno al 2%.
I progetti di microcredito sono soprattutto concentrati nel centronord
Italia, questo principalmente perché proprio in quell’area del paese la
finanza etica ha sviluppato una lunga
esperienza e risulta essere maggiormente radicata: le prime esperienze risalgono alla fine degli
anni ’70.