(A firma di Loredana Menghi) –
Diciotto postazioni di lavoro fisse, a rotazione o giornaliere, condivise da precari, architetti, webmaster, ingegneri, professionisti autonomi e free lance, per rompere l’isolamento di chi lavora in modo indipendente, abbattendo il problema dei costi proibitivi degli affitti, dando spazio a progettazione, mutua collaborazione e scambio di idee: è lo spazio Common Work di Officine Zero, all’interno di quelli che un tempo erano gli uffici amministrativi delle officine ex RSI, stabilimento per anni adibito alla manutenzione dei Treni Notte di Trenitalia. Dal giugno scorso è stato recuperato da alcuni degli ex dipendenti in cassaintegrazione, insieme a precari, studenti e cittadini, per creare una risposta a crisi e disoccupazione, nel segno della riconversione ecologica.
Un inizio comune per ragionare insieme su nuovi lavori, futuri immaginati o già esistenti al tempo dell’austerity, perché “è comune il tentativo di tracciare percorsi sostenibili tra strade alternative. Come ben evidenzia il sottotitolo del programma radio di Amisnet”, spiegano in un comunicato congiunto.
La rubrica settimanale Terranave, ha esplorato e raccontato storie ed esperienze di alternative ambientali, economiche e sociali dei giorni nostri: dagli esempi di agricoltura sinergica proposti dalla Fattoria Verde, podere a pochi chilometri da Roma all’eco-villaggio auto-costruito Eva di Pescomaggiore (Abruzzo), modello di architettura eco-compatibile contrapposto al Progetto C.A.S.E. adottato per la costruzione di case antisismiche a l’Aquila dopo il terremoto. Dalla finanza critica poi al trashware fino all’esperienza di Officine Zero e alla riconversione ecologica delle fabbriche occupate.
Oltre agli attivisti di Oz e alle voci di Amisnet, sono intervenuti la cooperativa Reware, impresa di informatica che offre servizi tesi all’allungamento del ciclo di vita dei RAEE anche nell’ambito della cooperazione e della solidarietà. Inoltre il Gruppo Ricerca Pedagogia del Cielo, promotore del programma internazionale Globo Local. E ancora il collettivo Eutorto, orto urbano avviato dai lavoratori Agile ex Eutelia Information Technology di Roma, per superare l’esclusione subita con la perdita del lavoro. “Siamo nuove figure produttive, la vecchia divisione lavoratori garantiti e precari non c’è più e la storia dei 33 operai cassintegrati dell’ex Rsi lo dimostra”, spiega Eva Gilmore, traduttrice free lance e co-worker di OZ. “Sul fronte del lavoro precario cognitivo abbiamo dato vita a un luogo non solo di lavoro, ma anche di auto-organizzazione che crea mutualismo e sinergie professionali”.
Fra i co-worker, tanti precari dell’informazione, come Francesca Talamo, 33 anni della provincia di Palermo o Claudia Russo, 32 anni romana, entrambe programmiste a La7, che dopo cinque anni di lavoro si sono ritrovate improvvisamente fuori dall’azienda. “La legge italiana prevede la stabilizzazione del lavoratore TD impiegato presso una stessa società dopo un massimo di 36 mesi di lavoro – spiega Claudia Russo, che dopo aver firmato 11 contratti a tempo determinato tra il 2007 e il 2012 e maturata un’anzianità lavorativa di ben 56 mensilità con la stessa compagnia, non è stata riconfermata.
“La7, con un accordo sindacale firmato tra la vecchia proprietà Telecom Italia Media e i sindacati nazionali, ha alzato il limite a 63 mensilità. Dopo mesi di attesa, è stato chiaro che non mi avrebbero più chiamata. Ho pensato di fare ricorso, ma l’entrata in vigore della legge sul Collegato lavoro (183/2010) mi ha impedito di impugnare i contratti pregressi, limitando la possibilità di una vertenza al solo ultimo contratto. Una normativa assurda, fatta per evitare l’ondata dei ricorsi e che ha tagliato così le gambe ai lavoratori”. Presente nell’area co-working anche la CLAP, la Camera del lavoro autonomo e precario, nata nell’ambito di una rete territoriale di Clap cittadine.
Lo spazio di co-working è strettamente collegato con le altre attività delle Officine Zero.
Dopo la formazione svolta a luglio, a settembre è partito il laboratorio di Riuso e Riciclo, che coinvolte gli operai della fabbrica con lo scopo di offrire opportunità di formazione e lavoro a precari, autonomi, cassintegrati e studenti, promuovendo il recupero di oggetti destinati alla discarica. “Attualmente stiamo svolgendo un percorso di formazione molto qualificata e di progettazione partecipata – anticipa Giuseppe Terrasi, 54 anni, operaio specializzato della ex RSI (Rail Service Italia) – Siamo ancora in cassa integrazione, ma da giugno né noi né le nostre famiglie abbiamo visto un centesimo”.
E conclude: “Senza Officine Zero e il circuito virtuoso che ha innescato, non saremmo riusciti a vedere un futuro.
Oggi stiamo provando a costruircelo insieme”.