(A firma di di Elisa Ghione) –
Da alcune settimane i quotidiani non fanno altro che parlare dell’elevazione dell’età pensionabile per le donne impiegate nella pubblica amministrazione. Ma siete sicuri di aver ben compreso cosa accadrà?
La storia
Lo sapevamo da tempo … l’età pensionabile delle donne deve essere equiparata a quella degli uomini, almeno nel pubblico impiego. Questa richiesta dell’Unione Europea diede vita, lo scorso anno, al decreto legge 1 luglio 2009 n.78, convertito il mese successivo nella legge 3 agosto 2009 n 102. L’età pensionabile delle dipendenti pubbliche viene così elevata in modo graduale, di un anno ogni biennio a partire dal 1° gennaio 2010.
Dopo l’ultimatum
Secondo l’Unione Europea, però, ciò non è sufficiente. Il Governo italiano decide per questo di riscrivere il testo dell’articolo 22-ter, comma 1 della sopracitata legge: dal 2012 le donne della pubblica amministrazione, per avere diritto alla pensione di vecchiaia, dovranno aver compiuto il 65-esimo anno di età [Tabella 1]. Non sarà quindi possibile aumentare l’età pensionabile con la gradualità stabilita precedentemente.
Il diritto alla pensione di anzianità si consegue a prescindere dall’età anagrafica nel caso in cui non si abbiano meno di 40 anni di contributi.
Fatta la legge…
Come possono le pubbliche dipendenti anticipare la data della pensione? Una soluzione può essere quella di riesaminare situazioni previdenziali per valorizzare periodi che precedentemente erano ininfluenti ma che ora potrebbero essere utili per il raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione di anzianità. Concretamente si può precedere all’accreditamento figurativo di periodi di maternità al di fuori del rapporto di lavoro e al riscatto degli anni di studio universitario.
E poi?
Dal 2015 l’età pensionabile sarà agganciata alla speranza di vita. Questo legame ha lo scopo di riequilibrare il sistema pensionistico tenendo conto dell’allungamento delle aspettative di vita della popolazione e il conseguente maggior numero di trattamenti pensionistici dovuti dagli enti previdenziali.