“Vola il prezzo internazionale del grano che nell’ultima settimana ha fatto registrare un ulteriore aumento del 6% alla borsa merci di Chicago con la Russia che ha deciso di limitare le esportazioni dopo che la scorsa settimana le quotazioni del grano nel paese di Putin avevano raggiunto i 13.270 rubli per tonnellata, superando addirittura quello del petrolio degli Urali, che e’ sceso a 12.850 rubli per tonnellata”. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti alla fine della settimana al Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole che secondo gli esperti continueranno a crescere. In controtendenza al crollo fatto registrare dai mercati finanziari, “la corsa a beni essenziali sta facendo aumentare le quotazioni delle materie prime agricole, con i contratti future per consegna a maggio del grano che- sottolinea la Coldiretti- sono aumentate di circa il 6%, mentre la soia e’ salita di circa il 2% e il mais ha incrementato il valore dello 0,7% durante l’ultima settimana”. Gli effetti della pandemia “si trasferiscono dunque dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle produzioni agricole la cui disponibilita’ e’ diventata strategica con le difficolta’ nei trasporti e la chiusura delle frontiere ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali di discount e supermercati”, avverte l’associazione agricola.
Una preoccupazione, quella per gli accaparramenti, “che- precisa la Coldiretti- ha spinto la Russia a trattenere per uso interno parte della produzione di grano dopo essere diventata il maggior esportatore di grano del mondo mentre il Kazakistan, uno dei maggiori venditori di grano, ha addirittura vietato le esportazioni del prodotto”. Si tratta di scelte che “dimostrano come i governi si stiano concentrando sull’alimentazione delle proprie popolazioni mentre il virus interrompe le catene di approvvigionamento in tutto il mondo con timori di una crisi alimentare globale”. L’aumento del grano che e’ il prodotto piu’ rappresentativo dell’alimentazione nei Paesi occidentali “e’ infatti solo la punta dell’iceberg con le tensioni che si registrano anche per il riso con il Vietnam che- riferisce la Coldiretti- ha temporaneamente sospeso i nuovi contratti di esportazione mentre le quotazioni in Thailandia sono salite ai massimi dall’agosto 2013”. In aumento anche la soia, il prodotto agricolo trai piu’ coltivati nel mondo, “con gli Stati Uniti che si contendono con il Brasile il primato globale nei raccolti e la Cina che e’ la piu’ grande consumatrice mondiale perche’ costretta ad importarla per utilizzarla nell’alimentazione del bestiame in forte espansione con i consumi di carne”. Una tendenza all’accaparramento che e’ confermata anche in Italia dove nell’ultimo mese di emergenza sanitaria “sono praticamente raddoppiati gli acquisti di farina (+99,5%) ma sono saliti del 47,3% quelli di riso bianco e del 41,9% quelle di pasta di semola, secondo una analisi della Coldiretti su dati IRI nelle ultime 5 settimane al 22 marzo 2020”.
“L’aumento delle quotazioni alla borsa di Chicago conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualita’ e sicurezza”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. In uno scenario di questo tipo “l’Italia, che e’ il Paese con piu’ controlli e maggiore sostenibilita’, ne potra’ trarre certamente beneficio ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il potenziale agricolo nazionale”, prosegue Prandini. Ci sono quindi “le condizioni per rispondere alle domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che e’ in grado di offrire produzione di qualita’ realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che- precisa Prandini- valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilita’ della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto equo, basato sugli effettivi costi sostenuti”. un prezzo equo perche’ “oggi in Italia gli agricoltori devono vendere ben 5 chili di grano tenero per potersi pagare un caffe’ e per questo nell’ultimo decennio- sottolinea la Coldiretti- e’ scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente”.