(A firma di Giuseppe di Braccio) –
Simili ad un malato dalla guarigione lunghissima e problematica, sconosciute come sono terapia e medicine, gli Italiani si dibattono in una situazione tragicomica, stritolati senza ritegno tra le ganasce di una classe politica incapace e fallimentare ed una informazione a grosse linee supina e collusa; sul fronte giornalistico non mancano ovviamente le eccezioni ma, proprio in quanto eccezioni, quest’ultime non sono in grado di incidere più di tanto su un quadro d’insieme desolante quanto ad iniziative e contenuti. A dire il vero, qualcosa sembra essere cambiato in termini di approccio al grande pubblico, considerato alla stregua non di un insieme di persone quanto piuttosto di elettori, dunque di soggetti da “arruolare” in termini di voto captandone istinti ed umori, ed è probabilmente in questa ottica che il “modus operandi” del governo Letta trova una sua ragionevole spiegazione; terminata l’era delle barzellette e delle promesse da fantascienza (difficile distinguere le prime dalle seconde), l’indiscusso marchio di fabbrica degli esecutivi-Berlusconi che ci ha coperto di ridicolo a tutte le latitudini, ecco subentrare la filosofia dell’”ottimismo ad oltranza”, una sorta di credo psico-confezionato considerato da chi lo professa come l’unico antidoto per salvare capra e cavoli, da somministrare ai cittadini a grosse dosi ed in cui tutti debbono credere perché la terra promessa, rectius l’uscita da una crisi senza precedenti, è lì a portata di mano e sarebbe stupidi non rendersene conto. Letta e compagnia dimostrano di saperla lunga sotto questo punto di vista, e pur di conquistare le simpatie dell’”italiano medio”, quello che in termini numerici garantisce il grosso dei voti, non risparmiano sorrisi, paroloni e frasi ad effetto, peccato per loro che si tratti di un vocabolario più che usurato e che determinate espressioni, ripetute ad oltranza, diano l’impressione sinistra della presa in giro, smentite quel che è peggio da fatti e statistiche.
Quest’ultimi ci ricordano che l’Italia è in fase di indiscussa decrescita economica, un fardello che, a differenza delle principali economie dell’area euro, ci tormenterà per tutto il 2013 e che trova puntuale conferma nei dati recentissimi forniti dall’Ocse, se è vero che il nostro paese è fanalino di coda con percentuali molto vicine al -2,0, una cifra che sa di fallimento e che neanche la crisi perdurante è in grado di giustificare; come se non bastasse, la produzione industriale nel primo trimestre del 2013 ha subito una drastica riduzione del 25% rispetto al 2008 mentre nello stesso lasso di tempo il Prodotto interno lordo è diminuito di circa il 9% e, dulcis in fundo, la disoccupazione ha raggiunto la cifra record, a partire dal 1977, del 12%, con punte del 38% tra i più giovani.
Vero è che con il pessimismo non si va molto lontano, con l’ottimismo del governo delle larghe intese invece non si va da nessuna parte e con le frasi-feticcio men che meno, e se l’attuale premier continua a ripetere di “vedere la luce in fondo al tunnel” altri si affrettano a smentirlo: è il caso del direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi che in un intervento al Meeting di Rimini ha affermato senza mezzi termini che “i danni della crisi in Italia sono stati da noi maggiori che in altri paesi, anche per questo la ripresa è più faticosa. ….nel nostro paese si registrano i primi timidi segnali di ripresa economica, ma molto, moltissimo c’è ancora da fare. Il rilancio della nostra economia può essere sostenuto dalle imprese con il riavvio dei piani di investimento”.
Al tirar delle somme, a detta della banca centrale l’Italia è ancora immersa nelle sabbie mobili, con una ripresa economica lontanissima, ipotetica e condizionata da pericolose variabili, ad esempio la tenuta dei mercati, e se Letta ed Alfano vedono la luce in fondo al tunnel probabilmente si riferiscono ad un’altra realtà, non certo alla nostra.
D’altro canto, ci sono sempre gli Italiani da abbindolare con frasi ad effetto e promesse da baraccone, giusta ricompensa per chi da vent’anni almeno si lascia tranquillamente prendere in giro da una classe politica che, con poche eccezioni, ha mirato a realizzare sfacciatamente i propri interessi, situazione questa ben sintetizzata da un giornalista che, in uno slancio di sincerità, ha ricordato che “gli Italiani hanno la classe politica che meritano”; si era, a dire il vero, su una rete secondaria, quelle invece che vanno per la maggiore si adeguano ad un andazzo consolidato che impone un ottimismo senza se e senza ma anche perché, secondo un’espressione molto cara al governo delle larghe intese, “bisogna agganciare la ripresa”. Ma di quale ripresa si tratta?
L’Istat sul punto la pensa diversamente, ricordandoci che nell’ultimo anno sono state cancellate o si sono rimpicciolite 130 grandi fabbriche e che più di una azienda su dieci ha cessato di essere, in relazione al numero dei dipendenti, di notevoli dimensioni, o per essere sparita o per aver ridotto drasticamente il proprio personale; è il trionfo del “nanismo”, delle microaziende, piccole quanto a dipendenti e, di necessità, ad ambizioni, un altro aspetto di questa terribile crisi su cui varrebbe la pena riflettere, se è vero che le industrie con più di 250 addetti negli ultimi dieci anni si sono assottigliate da 1534 a 1466.
Inoltre, il tracollo della grande industria è evidenziato ad hoc dal calo della produzione, crollata del 45% nel settore auto, del 35% in quello tessile e del 50-60% in quello delle lavatrici e frigoriferi, con riflessi devastanti sull’occupazione, anche in proiezione futura, visto che un operaio su cinque lavora in questo segmento.
Ma il governo delle larghe intese continua a professarsi ottimista anche perché, occorre riconoscerlo, la crisi non è uguale per tutti e ad alcuni risulta persino sconosciuta, e se in questa dimenticabilissima estate una buona fetta di italiani ha dovuto rinunciare alle vacanze altri ne hanno fatto anche troppe; è il caso di Antonio Cassano, campione di calcio e di figuracce, che ha festeggiato il compleanno con i compagni di squadra con tanto di mega torta, champagne e tuffo in piscina, mentre il suo alter ego Balotelli ha transitato da una località balneare ad un’altra (quelle riservate ai vip ovviamente) a bordo di fiammanti fuoriserie, dopo averne sfasciata una da 300.000 euro in Inghilterra.
Indubbiamente sono troppi i dati perniciosi su cui occorrerebbe riflettere, ad esempio che nel nostro paese è in atto da anni un pericoloso processo che vede il grosso della ricchezza concentrarsi progressivamente nelle mani di una privilegiata minoranza, caratteristica saliente questa delle economie del cosiddetto terzo mondo e che oramai sta attecchendo anche da noi, una volta di più nell’indifferenza della politica e, quel che è peggio, della maggioranza dei cittadini.