(A firma di Carlo Di Stanislao) –
Le cose sono andate meglio del previsto, senza il ventilato aumento delle tasse né i tagli alla sanità, con una manovra da 11,5 miliardi per l’anno prossimo, di cui la più parte per il lavoro e con il premier Enrico Letta che può dichiarare che l’Italia centrerà l’obiettivo deficit/Pil al 2,5% nel 2014.
“Basta mannaie, ora crescita” ha detto Letta il quale ha ribadito in conferenza stampa che il ddl varato va tutto nella “direzione dello sviluppo e della crescita”, con, tra gli interventi per le imprese e i lavoratori, “anche un incentivo per il passaggio dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato”, il che “da un’importante direzione di marcia” alle idee del governo che, inoltre, ha previsto uno stanziamento di 7,5 miliardi nel 2015 e altrettanto nel 2016 ed anche il rifinanziamento di 1,6 miliardi per il fondo di garanzia per le piccole imprese ed una riduzione di tasse per le imprese di 5,6 mld con una curva crescente nell’arco del triennio.
La manovra prevede anche per il 2014 sgravi fiscali per 3,7 miliardi, e di questi, 2,5 miliardi per il cuneo fiscale, con il Parlamento che deciderà come ripartirli tra i lavoratori.
“Pochi tagli ed aumenti in busta paga” titola il Corriere della Sera che commenta che la rivalutazione delle partecipazioni delle banche al capitale di Bankitalia e una misura strutturale per favorire il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero, sono le due misure sulle quali il governo ha preferito non attribuire il gettito atteso, e che a tutti gli effetti diventano il futuro tesoretto con il quale finanziare la crescita.
Dal taglio del 10% degli straordinari, misura ridotta al 5% per militari, polizia e vigili del fuoco, arriva buona parte dei risparmi sui costi dello Stato, con un blocco della contrattazione oltre il 2014, un tetto all’indennità di vacanza contrattuale e un rafforzamento del blocco del turn-over. Non è stata inserita, alla fine, la norma che avrebbe consentito di ridurre lo stipendio agli statali in caso di trasferimento, mentre per le buonuscite si prevede il pagamento spalmato non più su 6 ma su 12 mesi.
Il tetto di retribuzione dei 300 mila euro lordi l’anno viene poi esteso a “chiunque” riceva retribuzioni o emolumenti dal pubblico. Anche se si tratta solo di una norma di principio, e sarà difficile controllarne l’attuazione, si stabilisce poi che quando la pubblica amministrazione deve affittare un immobile per i suoi uffici ha”«l’obbligo di scegliere soluzioni più vantaggiose per l’erario (…) valutando anche la possibilità di delocalizzare gli uffici rispetto al centro abitato storico”.
Un altro miliardo arriverà dal taglio alla spese delle Regioni mentre altri 500 milioni all’anno arriveranno dalla vendita degli immobili pubblici.
Sul fronte dell’indebitamento dello Stato, arrivato a quota di 2060 miliardi, “comincia un processo di vendita di asset pubblici che mira a ridurre il debito”, ha detto il vice premier Angelino Alfano, sempre in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Ma non si pensa solo a vendere, perché un capitolo delle Legge è dedicato alla nascita di un soggetto che servirà a rilanciare le politiche industriali in coordinamento con le parti sociali, “una cabina di regia per le politiche industriali”.
Aumenta invece l’imposta di bollo sulle attività finanziarie, mentre salta la tassa sulle rendite finanziarie prevista dalle bozze, con 3,8 miliardi che arriveranno in tre anni dagli aumenti dell’imposta di bollo. Ed arriva un rincaro per le comunicazioni sui prodotti finanziari e per le comunicazioni web della P.a. (16 euro), come anche una sforbiciata agli sconti fiscali, che vale 500 milioni entro gennaio prossimo, con risorse ma ancora non quantificate che arriveranno, si dice nel ddl, con il rientro dei capitali e con la rivalutazione delle quote di Bankitalia.
Le cose appaiono in ripresa, anche se l’Unità parla di un intervento tiepido e non proprio shock, in cui spicca soprattutto il miliardo di allentamento del patto di Stabilità interno con i Comuni, che dovranno destinare le maggiori spese a investimenti come l’edilizia scolastica e la difesa del suolo, con garanzia ai sindaci anche di un altro miliardo di trasferimenti diretti con l’eliminazione dell’Imu prima casa.
Ciò che si chiede Repubblica, invece, è da dove verranno le risorse. Letta risponde che queste saranno per lo più reperite “dall’aggressione dei capitali illegalmente esportati”, mentre la pressione fiscale scenderà nell’arco del triennio dal 44,3% al 43,3%.
Le coperture ammontano a 24,6 miliardi nel triennio, di cui 8,6 nel 2014 (i 3 eccedenti sono in deficit). Circa 16 miliardi nel triennio si ottengono con risparmi di spesa pubblica dello Stato centrale e le Regioni, di cui 3,5 solo l’anno prossimo. La spesa pubblica primaria diminuisce di mezzo punto (circa 8 miliardi) nel 2014, l’incidenza della spesa corrente dello 0,8%. Altre risorse vengono reperite da tassazione sulle svalutazioni e sulle perdite degli intermediari finanziari (2,7 miliardi nel triennio), circa 1,4 miliardi si aspettano da interventi contro l’elusione fiscale.
Saccomanni indica altre fonti che potrebbero comportare ulteriori risparmi, ma che non sono state contabilizzate. In primo luogo la spending review affidata al Commissario Carlo Cottarelli e poi Le coperture ammontano a 24,6 miliardi nel triennio, di cui 8,6 nel 2014 (i 3 eccedenti sono in deficit). Circa 16 miliardi nel triennio si ottengono con risparmi di spesa pubblica dello Stato centrale e le Regioni, di cui 3,5 solo l’anno prossimo. La spesa pubblica primaria diminuisce di mezzo punto (circa 8 miliardi) nel 2014, l’incidenza della spesa corrente dello 0,8%. Altre risorse vengono reperite da tassazione sulle svalutazioni e sulle perdite degli intermediari finanziari (2,7 miliardi nel triennio), circa 1,4 miliardi si aspettano da interventi contro l’elusione fiscale.
C’è ottimismo e nuova vitalità in giro dopo il ddl, con le parti politiche che si dicono speranzose e soddisfatte ed il governo Letta che sembra aumentare la sua coesione e la tenuta.
L’unica tegola è Berlusconi che parla di “berlusconicidio” e sembra orientato verso una crisi che lo riporti alle urne, con i falchi (oggi lealisti) che lo eccitano alla pugna e le colombe (oggi alfaniani), che cercano di minimizzare.
Dopo il voto contro lo scrutinio segreto, Berlusconi si sente perduto e cita in successione Giovannino Guareschi (“Non muoio neanche se mi ammazzano” e Tacito (“Fanno il deserto e lo chiamano pace), per poi rompere definitivamente i ponti con il Quirinale, da cui si sente primariamente tradito, sguinzagliando il solito Bondi che dichiara: “Le riflessioni e le raccomandazioni del Capo dello Stato sono il metronomo della politica italiana. Francamente, comincio ad avere seri dubbi sull’utilità di questo ruolo esercitato da Napolitano, nella convinzione di guidare dall’alto l’Italia verso l’uscita dalla crisi. Le conseguenze di questo metodo, infatti, non sono affatto incoraggianti”.
Verdini, esperto di pallottolieri e uomo delle missioni impossibili, frena il Cavaliere che vorrebbe il finimondo e gli fa notare che in senato, di azzurri pronti alla crisi ve ne sono davvero un numero insufficiente per insidiare il governo.
E poi, ripartire con elezioni battendo sul solito tasto della libertà fiscale, ora che le tasse si riducono, non ha davvero molto senso.
Ora, dopo il ddl, pare proprio che il governo Pd, Pdl, Scelta civica, abbia smesso il suo vivere nel proprio mondo ovattato e scevro da qualsiasi contatto con la realtà inanellando, uno dietro l’altro, provvedimenti senza capo né coda e senza prospettive e respiro.
Con la “legge di stabilità”, nel suo dettato, si potrà forse assistere (lo speriamo) ad una inversione di tendenza in un a Nazione in cui le imprese chiudono ad un ritmo allarmante per mancanza di mercato per i loro prodotti, dato che qualsiasi cosa vogliano produrre il prezzo non potrà mai essere competitivo, dovendo pagare energia elettrica, costi di manodopera, produzione e trasporto più alti d’Europa, tasse complessive più alte al mondo e una burocrazia asfissiante.
Ho sempre amato il cinema al di sopra delle alte arti, perché il continuo sviluppo narrativo che accompagna il procedere momento dopo momento, spazio dopo spazio, definisce un evento magico e misterioso, immancabilmente siglato dall’aggettivazione “epifanico”, secondo cui ogni istante preparare il successivo e si situa nel precedente, con una costruzione che è una condizione di particolare reciprocità tra autore e fruitore, basata sulla riconoscibile condivisione di elementi immaginativi e materiali.
Immaginandomi l’Italia ora, dopo questo ddl, si sgorgo le note di un lieto finale, preparato da un lungo seguito di vicende drammatiche e, a volte, senza speranza.
Ma, come notò, in pittura (come diceva Leonardo) come al cinema (come dicono tutti i grandi teorici), sono il riflesso e l’ombra gli elementi essenziali, altrimenti definibili attraverso lo specchio e l’ombra, o la linea, quest’ultima ricavata come segno e rappresentazione dal contorno dell’ombra di una figura proiettata sul muro o per terra.
Ed allora non vorremmo che nel disegno del ddl si stagli l’ombra di vicende personali che ingolfi l’efficacia dello stesso e del governo che ora, dopo 10 mesi di puro rodaggio, si sembra davvero messo a lavorare.