(A firma di Paola Rinaldi) –

La famiglia della finanza etica si allarga e inventa un nuovo modo di fare economia solidale e sostenibile.
Immaginiamo di voler acquistare in gruppo un’azienda agricola e renderla produttiva grazie a metodi biologici e naturali che ci permettono di ottenere prodotti qualitativamente migliori e soprattutto nel pieno rispetto dell’ambiente. Il nome di questa operazione è Gruppo di Acquisto Terreni, (Gat), una sfida lanciata alle banche italiane dopo i tanti episodi che hanno lasciato a bocca asciutta migliaia di risparmiatori.
Dopo la parentesi di Parmalat, Cirio e Argentina, l’idea è stata quella di investire il proprio capitale nel bene rifugio per eccellenza, la terra, dedicandosi a un’attività economica pulita sul piano ecologico ed etico.
A ispirare i due ideatori – l’avvocato Rosanna Montecchi e il commercialista Gianluca Marocci – sono stati i gruppi di acquisto solidale, cioè quei “pool” di persone che decidono di incontrarsi per acquistare insieme prodotti alimentari o di uso comune, solitamente di produzione biologica o eco-compatibile, rispettosi dell’ambiente e dei lavoratori.
La differenza sta nel fatto che per aderire ai Gat bisogna unire i propri risparmi con quelli degli altri associati, entrando a far parte di una società a responsabilità limitata (srl) gestita da un normale consiglio di amministrazione formato dai soci.
Un Gat permette a un certo numero di risparmiatori di mettersi insieme per acquistare un fondo o terreno agricolo di una certa consistenza a un prezzo per ettaro in linea con il mercato.
“La misura del fondo permette una gestione che sarebbe impossibile con un piccolo appezzamento – sottolinea Montecchi – e in più la forma societaria della srl agricola consente di superare le problematiche di ordine fiscale garantendo l’investimento del risparmiatore”. Attualmente, in Italia, è possibile aderire ai Gat partecipando a due progetti già avviati: il primo appezzamento si trova a Mantova e il secondo a Scansano, in provincia di Grosseto (www.gatscansano.it). “Il nostro proposito è quello di rispettare le tipicità territoriali, per cui differenziamo le destinazioni produttive a seconda di dove acquistiamo – specifica Montecchi – Il terreno padano è più vocato ai cereali, per cui lo scorso anno a Mantova abbiamo seminato due tipi di frumento, duro e tenero, mentre a Scansano l’ipotesi produttiva prevede una ripartizione tra area boschiva per la raccolta dei funghi spontanei, pascoli e uliveti”.
La struttura del progetto prevede un investimento complessivo di 1 milione di euro, che viene ripartito in cento quote. Ogni partecipante può acquistarne da un minimo di una a un massimo di quattro. “Questo per evitare un numero eccessivo di soci, ma anche la tirannia di pochi – spiega Montecchi – assicurando uguaglianza a tutti gli aderenti. Ovviamente si tratta di un modello base, adattabile alle singole situazioni: ad esempio, a Mantova sono ancora disponibili alcune quote da 12 mila euro”.
L’iniziativa sta ricevendo richieste da molte regioni, per cui l’intenzione è quella di diffondere l’iniziativa su tutto il territorio.
In piedi c’è già la collaborazione con l’Associazione dei Comuni virtuosi di Monsano, in provincia di Ancona, che ha preso contatto con gli ideatori del Gat e ha proposto un’ipotesi variegata, che comprende un’impresa basata sulla coltivazione naturale, la rivalutazione ambientale, la creazione di un centro di educazione ambientale e agriturismo naturale: una struttura che permetta di vendere i prodotti senza intermediari, in modo da ottimizzare i margini, e superare lo scoglio economico grazie allo spirito di partecipazione.